Nel Foggiano, in una terra “maglia nera” di Puglia per i reati, con il tasso di disoccupazione più alto della regione secondo i dati Istat sul mercato del lavoro, e dove, in particolare per le donne, la disoccupazione si attesta al 17,3%, ci sono anche degli spiragli di luce fatti di buona accoglienza e inclusione. Nel cuore del Gargano, dove si produce dell’ottimo olio, come nel resto della regione, ma a causa della mancanza di lavoro, la gente è costretta ad andare via causando uno spopolamento dei posti, c’è un borgo, Carpino, che prova a non scomparire grazie anche alla presenza degli immigrati.
Circa 350 quelli che risiedono stabilmente nel piccolo centro, a cui si aggiungono i lavoratori stagionali ospitati in appartamenti adeguati e forniti di tutto il necessario, realizzati e ristrutturati dal Comune grazie ai fondi del Pnrr.
Un’iniziativa importante che, da un lato permette a Carpino di avere la manodopera necessaria per la raccolta delle olive e la successiva produzione dell’olio e dall’altra di mandare avanti il borgo, facendolo sopravvivere. Grazie alla presenza degli immigrati e delle loro famiglie, le scuole rimangono aperte e gli esercizi commerciali resistono. Un’opportunità che Carpino ha scelto di non sprecare a partire dal 2019: allora l’amministrazione comunale aveva avviato un progetto di “albergo diffuso” realizzato attraverso case cedute da privati al Comune. All’inizio vi erano solo due palazzine, ora si contano più strutture e, presto, saranno ben 24 per un totale di 200 posti in co-housing, tutti ristrutturati e a norma. La particolarità del progetto e che rende il borgo un posto davvero speciale è che per la realizzazione delle strutture, il Comune non ha mai fatto riferimento alla costruzione di prefabbricati ma ha sempre ristrutturato case vere ma in stato di abbandono, presenti all’interno del paese.
Oltre alla casa, gli immigrati hanno a disposizione anche spazi comuni per la socialità e la formazione, tutta l’assistenza necessaria e, in alcuni casi, anche una mensa. Un modo anche per creare nuovi posti di lavoro a livello locale. Sono tanti i lavoratori immigrati stagionali che, ogni anno, tornano volentieri per lavorare con gli stessi datori di lavoro.
Da un lato quindi l’integrazione, dall’altro il recupero del borgo senza stravolgerlo, in un’ottica sostenibile che consente ai posti di non perdere la propria anima.
Leggi anche:
- Campo di Giove, il borgo rinato grazie ai rifugiati
- Valogno, il borgo salvato dai murales
- Belcastro, il borgo calabrese conosciuto come il ‘Paese delle Fiabe’
Vuoi conoscere una selezione delle nostre notizie?
- Iscriviti alla nostra Newsletter cliccando qui;
- Siamo anche su Google News, attiva la stella per inserirci tra le fonti preferite;
- Seguici su Facebook, Instagram e Pinterest.

