Il cambiamento si accetta solo quando è necessario (Jean Monnet)

La necessità nasce solo durante una crisi, che per questo diventa un’opportunità. La crisi climatica può portarci alla sostenibilità. Quella vera, e non quella falsa che oggi dilaga.

Jean Monnet

Jean Monnet, economista e uomo politico francese di straordinario valore, è stato, nel secondo dopoguerra, uno dei padri fondatori di quella alleanza tra stati diventata poi Unione europea, che con tutti i suoi limiti e le contraddizioni da superare, resta uno dei più importanti, e utili cambiamenti, nella storia del mondo occidentale, non solo in Europa.

Come tutti gli uomini politici di razza, che non sprecano il loro ruolo solo occupando il potere e coltivando gli interessi personali, Monnet sapeva bene che tutti i cambiamenti, sia quelli individuali sia quando riguardano intere comunità, e anche intere nazioni, vanno costruiti con pazienza, fatica e anche una dose non secondaria di coraggio e di visione del futuro.

  • Il cambiamento non è un pasto gratis. Ha un costo che può significare la rinuncia ad alcune cose e anche una serie di spese straordinarie. Uno dei motivi per i quali l’Europa, i cui padri fondatori come Monnet sognavano unita in una confederazione di stati, come gli Stati Uniti d’America, stenta a fare passi avanti perché nessuno, a partire dalle nazioni più ricche e potenti della Ue, è davvero disposto a rinunciare a un pezzo della propria sovranità, che significa del potere nelle mani delle proprie classi dirigenti.
  • L’uomo vive di abitudini, e cambiarle, anche quando significa stare meglio, è complicato, tanto da diventare persino impossibile, in alcuni casi. A frenare il cambiamento, in questo caso, ci sono anche interessi non sempre limpidi e manifesti. Quanto tempo ci abbiamo messo a ridurre, come umanità e come singole persone, l’abitudine a fumare ovunque e tantissimo, fino a eliminare le sigarette? Quante vite continuiamo a sprecare nell’esercizio di un vizio palesemente indifendibile? Eppure sappiamo bene i danni delle sigarette e come si può smettere di fumare.
  • Le crisi aiutano e rendono necessario il cambiamento, perché servono ad “aprire gli occhi”, a uscire dal sonno dell’indifferenza e dell’immobilismo. La crisi climatica, al netto di una ristretta minoranza di negazionisti, al soldo di qualcuno o della loro stupidità, ignoranza e malafede, è sotto gli occhi di tutti e rappresenta la fondamentale necessità, al limite della lotta per la sopravvivenza, per cui dobbiamo cambiare, dagli stili di vita alle forniture energetiche, dai consumi ai modi di produrre.
  • Chi davvero lavora e si impegna per il cambiamento, non può pensare di accantonarlo solo perché, nel breve periodo rischia di perdere consenso, o perché un sondaggio lo avverte che migliorare l’aria e la sicurezza di una città, con qualche scelta impopolare come ridurre l’uso dell’auto e portare il limite di velocità nell’area urbana a 30 chilometri all’ora, non porta voti. Almeno nel breve periodo, perché alla lunga il cambiamento, se porta davvero vantaggi, si traduce anche in consensi per chi lo ha guidato.
  • Il cambiamento non rappresenta, in quanto tale, una certezza di andare avanti, di migliorare. Può anche farci fare dei passi indietro. Due esempi che sono all’ordine del giorno, per tutti. Una sostenibilità, sganciata dall’obiettivo di ridurre le diseguaglianze, rischia di aumentare le fratture, le ingiustizie, la rabbia ei cittadini meno protetti, le chiusure nazionaliste, le guerre. Ed è proprio ciò che sta avvenendo per effetto del dilagare della falsa sostenibilità.

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Se vuoi sapere come funziona il meccanismo della falsa sostenibilità, e chi alcuni tra i più famosi falsari, in tutti i settori, leggi qui.

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