«Ecco tutte le bugie e i malaffari di Trump» (David Cay Johnston)

Un libro-inchiesta di un giornalista che ha seguito il presidente degli Stati Uniti durante trent’anni di carriera. «Un bruciante atto di accusa», secondo il New York Times, che in ogni caso aiuta a capire dove va l’America.

bugie di trump

BUGIE DI TRUMP

Quanto durerà Donald Trump? Riuscirà a portare a termine il suo mandato al vertice della Casa Bianca? Establishment, opinione pubbliche e allibratori di ogni genere, in tutto il mondo girano attorno a queste due domande con un misto di inquietudine e di sconcerto. Nessuno ha la palla di vetro, e mentre siamo tutti piuttosto convinti (o rassegnati?) che il nuovo presidente degli Stati Uniti ci sorprenderà ogni giorno con effetti speciali, mai come questa volta è bene approfondire il profilo dell’uomo più potente del Pianeta. Una mano, non proprio calorosa, ma molto stretta per la quantità di notizie e di dettagli che fornisce, ci arriva dal giornalista d’inchiesta David Cay Johnston che ha seguito il tycoon per oltre trent’anni, dalle prime operazioni immobiliari nel Queens fino all’arrivo alla Casa Bianca, e ha scritto una biografia (Donald Trump, edizioni Einaudi) che giustamente il New York Times definisce «un bruciante atto d’accusa».

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SPREGIUDICATEZZA TRUMP

All’interno di un libro che comunque ha la mano di un premio Pulitzer, trovate tutto e di più. La spregiudicatezza di Trump negli affari, con un continuo entrare e uscire, prima che sia troppo tardi, dalla zona grigia dove l’economia e la malavita si incrociano. Nell’immobiliare, nel business dei casinò, nella finanza, dove però l’attuale presidente non è mai stato troppo amato e perfino considerato poco affidabile dal punto di vista della solidità finanziaria. Sfilano in questo libro, come in un film di Scorsese, personaggi della malavita cinese, americana, italiana, russa. Appare il Trump della post-verità, abilissimo nel dire bugie come nel fare battute (al suo confronto il Silvio Berlusconi che tanti italiani considerano Il Caimano appare davvero un dilettante), ma condannato, da idee piuttosto distorte e confuse, a trasformarsi in un gaffeuer seriale. Potete scoprire, leggendo le pagine di Johnston, come Trump non riesce a dissimulare la sua vena razzista di antipatizzante viscerale dei neri e come invece diventi abilissimo mediatore con i più rozzi petrolmiliardari arabi. C’è il Trump che maneggia, con prepotenza e con disinvoltura, nelle stanze del potere di Washington e c’è il Trump che con le donne fa il collezionista, fregandosene del fatto che tutto ciò possa diventare, una volta arrivato alla Casa Bianca, materiale di potenti ricatti.

Alla fine del libro, che scorre veloce nonostante la densità dei racconti e delle ricostruzioni, vi ponete due interrogativi. Il primo: è tutto vero? Johnston è un giornalista d’inchiesta, e il suo lavoro è stato passato al setaccio da avvocati ed esperti in ricerche negli archivi (come si usa in America, dove il giornalismo non è morto). Inoltre è stato insultato e minacciato di querele da Trump, ma oltre le parole dall’inquilino della Casa Bianca non è arrivato nulla di concreto per fermare l’onda lunga del discredito scatenata dal libro del giornalista americano.

TRUMP:

PRESIDENZA TRUMP

Il secondo interrogativo si ricollega alle domande iniziali: l’uomo è abituato a una vita spericolata, e certo non cambierà il suo stile per il solo fatto di essere diventato presidente degli Stati Uniti. Anzi. Da questo libro si capisce meglio, per esempio, il motivo per il quale una parte degli americani vivono questa presidenza di Trump come un incubo, più che come una fase della storia (e della politica) degli Stati Uniti e del mondo. Ma qui, a parte gli stati d’animo e le possibili previsioni, contano pur sempre i numeri che hanno il loro peso quando di tratta di tirare le somme, anche in politica. Johnston, con il suo «bruciante testo d’accusa» non fa altro che confermare tutti i dubbi dell’establishment americano rispetto all’elezione di Trump, ma ricordiamo che il presidente eletto, a New York ha raccolto solo il 4 per cento dei voti. La sua vittoria è maturata nel cuore dell’America, l’America profonda ma reale e vitale, non certo nelle nicchie delle sue classi dirigenti, spesso autoreferenziali e distanti in termini abissali dagli umori e dagli interessi popolari. E al momento questo feeling non mostra ancora crepe irreparabili. Chiaro, no? Questa è la democrazia, bellezza. E ha i suoi rischi.

(Credits immagine di copertina: JStone / Shutterstock.com)

COME SI SFARINA UN PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI:

 

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