All’inizio in laguna lo chiamavano il Muranero. Adesso di quel nome sono rimati un blog e una pagina Facebook, mentre il senegalese Moulaye Niang, è riconosciuto come uno dei più bravi maestri vetrai di Venezia. Tanto che insegna la sua scienza artigianale anche a studenti universitari e apprendisti.
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ARTIGIANO DEL VETRO SENEGALESE
Moulaye è arrivato a Venezia più di vent’anni fa da Dakar, e da una famiglia agiata, per metà lavoranti di oro, argento e tessuti e per l’altra metà musicisti. Ma la povertà rischia di travolgere anche la famiglia Niang, e così il giovane senegalese, dopo una vacanza a Venezia, ha deciso di trasferirsi in laguna. E di scommettere su un mestiere in via di estinzione, ma così tipico che è diventato patrimonio dell’immaginario della città al pari delle gondole. La passione scatta durante una gita scolastica a Venezia, passeggiando tra le calle e passando davanti alla bottega di un famoso mastro vetraio, Vittorio Costantini, in Calle del Fumo. Una folgorazione: da allora Moulaye ha deciso di dedicare il resto della sua vita all’arte del vetro. Più precisamente delle perle di vetro.
Ma questa storia non sarebbe stata scritta senza una dose considerevole di testardaggine, perché di porte in faccia Moulaye ne ha prese tante. Partendo da Murano senza alcuna conoscenza del mondo dei maestri vetrai e nemmeno di quel tipo di artigianato. Ma la passione e la caparbietà hanno sopperito tali mancanze: ogni giorno Moulaye bussa alle porte delle botteghe, chiedendo un apprendistato e la possibilità di imparare, ogni giorno viene mandato a casa a mani vuote, con quell’atteggiamento tipico di chi custodisce segreti antichi. Eppure non si dà per vinto, fino a quando conosce una giovane artigiana delle perle di vetro e sua mamma, quasi per caso. Il suo nome? Perla. Un segno del destino. Da quel giorno, con costanza e volontà, le porte di Murano si sono aperte sui segreti del mondo dei vetrai, e per Moulaye e il suo talento la strada è stata in discesa. Finalmente.
MOULAYE NIANG
Oggi la vita di Moulaye Niang è quella di un maestro artigiano vetraio, quasi più veneziano dei veneziani di nascita: Ogni giorno, nella sua bottega di Salizada del Pignater, il Muranero traffica con sabbia, cannucce e fuoco, che, come in una strana alchimia, gli restituiscono delle bellissime perle di vetro. Tanto fragili quanto preziose. Senza mai dimenticare il paese che gli ha dato i natali, quell’Africa che non manca di omaggiare in ognuna delle sue creazioni. Come in quella che lui considera la sua perla più bella, una con i colori di un tramonto africano che aveva impresso nella memoria, e che è riuscito a rendere così bene al punto da impreziosirla così tanto da volerla regalare a sua sorella. Seduto su uno scagno, la sedia tipica dei mastri vetrai, durante le ore di lavoro fonde il vetro su una fiamma arancione e blu per poi soffiarlo attraverso una cana da vero creando una piccola sfera colorata, portando un po’ di Africa tra le calle di Venezia. Nel tempo libero dal lavoro, insieme a un ragazzo di nome Mady, che è un chitarrista, ha messo in piedi una band musicale la Banda Nera, nella quale suona la batteria. Il duo fa musica africana esibendosi spesso nei locali di Venezia e provincia.
La storia di Moulaye Niang è anche una storia di ritorni: non ha mai smesso di sognare, e uno dei suoi desideri è quello di permettere a tanti altri ragazzi di realizzare i propri. Per questo, in Senegal, Moulaye è tornato da insegnante, svelando l’arte del vetro a una platea di ragazzi di strada tra i 12 e i 16 anni in un vecchio cinema coloniale Una specie di scuola di strada, in cui una sua lontana cugina gli ha chiesto di tenere un laboratorio per le perle di vetro. Perché un’altra grande passione del ‘Muranero è proprio insegnare ai ragazzi che vogliono imparare. Al contrario di ciò che si è trovato a vivere in prima persona.
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IL MURANERO
La storia di Moulaye era così ricca di spunti e significati che non poteva passare sotto traccia: il regista Franco Basaglia, documentarista e aiuto-regista di talenti come Spike Lee, ne ha fatto nel 2012 un documentario molto poetico:”Le perle di ritorno- Odissea di un vetraio africano”, girato tra Venezia e Dakar e finanziato dal Mibac e dalla Regione Veneto per l’indubbio valore culturale dell’opera. Prodotto dalla casa indipendente 360 Degrees Film, il soggetto dell’opera, dello stesso Basaglia, parte da un interrogativo tanto semplice quanto complesso nelle sue risposte: in un paese in cui se sei nero sei clandestino e se se clandestino nell’immaginario comune sei destinato a delinquere o vendere borse per la strada, cosa succede quando spezzi il cerchio?
(Immagini in evidenza e a corredo del testo tratte dalla pagina Facebook Il Muranero e da muranero.blogspot.com)
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