Angela Giordano, la donna della lana. Dall’Argentina al panno del Casentino, sempre davanti al telaio

A Stia, città culla dell'arte della tessitura, la lana autoctona si butta via, perdendo la possibilità di creare il famoso panno del Casentino con lana locale, sprecandola. A recuperarla ci pensa la maestra tessitrice Angela Cosentino, che in 4 anni ha recuperato novecento chili di lana sucida

angela giordano maestra tessitrice

Stia, il primo paese bagnato dall’Arno, ed è proprio dove questo fiume toscano va a incontrarsi con il fondovalle del Casentino, lì si trova questo paesino di quasi tremila abitanti, porzione del comune di Pratovecchio, in provincia di Arezzo. Medaglia d’argento al valor civile durante la Resistenza, Stia è terra di artigiani, di gente che, sin dall’antichità, con le mani sa creare le meraviglie di cui l’Italia è piena: il ferro battuto, per esempio. Un mestiere presente fin dal medioevo la cui tradizione ha dato origine alla Biennale Europea dell’Arte Fabbrile, una vera e propria enorme mostra di lavori artistici e artigianali dei fabbri di tutt’Italia e tutta Europa. Le strade di Stia rimbombano di martellate e del crepitio del fuoco, ma anche dello scorrere di telai e fusoliere.

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ANGELA GIORDANO MAESTRA TESSITRICE

Stia, infatti, è uno dei luoghi storici di un manufatto tanto antico quanto prezioso: il panno casentino, particolare e prezioso tessuto proprio di questa zona che ha sette secoli di storia alle spalle, è fatto con lana autoctona ed è richiesto dalle griffe più importanti in quanto simbolo snob ed elegante del Made in Italy.

Si dice che Giacomo Puccini avesse almeno due mantelli di panno casentino, ed è accertato che qui, nell’antico lanificio, si producessero gli abiti dei soldati e degli ufficiali durante la Prima Guerra Mondiale. Custode della sapienza del telaio e dei segreti della lana è Angela Giordano, da 45 anni maestra tessitrice, dall’Argentina, dove è nata, fino ai telai dell’antico Lanificio di Stia, che oggi ospita un bellissimo Museo dell’Arte della Lana, con vecchi macchinari e bellissime foto d’epoca. Da quando è approdata in Toscana, giovanissima,  insegna tessitura ma anche ricamo, cucito creativo e macramè. E, soprattutto, si dedica alla sua passione più grande: creare arazzi, di cui la sua aula è piena, al punto che, lo scorso novembre ha inaugurato la sua mostra personale, Tramando, per celebrare i suoi 70 anni e i 50 anni tra fili di lana e scatole. Piene zeppe di ritagli, gomitoli, fili, perché, uno dei motti del lavoro di Angela è “non si butta via niente”. Il recupero come modus operandi è diventata anche la chiave di volta della sua ultima fatica: un progetto proprio per recuperare la lana autoctona del Casentino che da anni non viene più usata, ma che spesso e volentieri viene gettata dagli allevatori stessi. Perfino il famoso panno non si fa più con la lana a km 0. Così, Angela stringe un patto con gli allevatori locali: poiché in zona si alleva pecora sarda e appenninica buona per i formaggi ma con lana non ottimale per la filatura, ha pensato di chiederla in regalo. Solitamente, infatti, dopo le tosature il vello che rimane deve essere gettato, pagando anche la relativa quota per lo smaltimento, un costo vivo non indifferente per gli allevatori.

angela giordano maestra tessitrice
Immagine tratta dal sito della Fondazione Lisio //Photocredits: fondazionelisio.org

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MUSEO DELL’ARTE DELLA LANA STIA

Da qui l’idea del recupero: Angela prende la lana non lavata da allevamenti, aziende locali e piccole fattorie a conduzione familiare, e loro risparmiano sul suo smaltimento. Nel giro di quattro anni, da quando ha iniziato, con una grinta invidiabile e un calore pari soltanto al suo amato tessuto, ha recuperato 900 chili di lana sucida, che in gergo significa, appunto, non lavata. Con quello che è rimasto dopo la lavatura, circa 500 chili, nel laboratorio che ha sede nelle stanze dell’Antico Lanificio, chiuso negli anni ‘80 per poi riaprire i battenti nel 2010 sotto forma di Museo, ha realizzato con i suoi alunni e le sue alunne trapunte, accessori in feltro, tessuti e giochi per bambini, oltre agli arazzi che si trovano esposti nella sua mostra personale. Molti, ispirati alla tradizione pittorica fiorentina o anche all’arte contemporanea italiana. Perché Angela, in Argentina ci è solo nata: figlia di emigranti italiani, una madre pugliese, sapeva benissimo che il suo posto del cuore, comunque, sarebbe stato l’Italia. Milano, a quattordici anni, Biella, e poi la terra del panno di Casentino, portando con sé, nel bagaglio delle esperienze, anche l’arte della tessitura degli indios, imparata a Buenos Aires. Oggi, ha una grande responsabilità, che tiene alta con amore e impegno, quella di essere l’ultima tessitrice che tesse a mano nei locali del Lanificio, con una passione contagiosa, che non intende fermare. Per la prossima raccolta, conta di arrivare a 2000 chili di lana da recuperare, per proseguire nei suoi progetti.

(Immagine in evidenza tratta dal portale Le Donne della Lana // Photocredits: Le Donne della Lana)

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