Verdura e frutta brutta ma buona

Un terzo dei prodotti non arriva sulle nostre tavole per motivi estetici. Ma è uno spreco enorme, perché si tratta di frutta e verdura di ottima qualità

SPRECO FRUTTA E VERDURA
Abbiamo tanti modi con i quali sprechiamo frutta e verdura. Vogliamo che abbia una forma perfetta e un colore intenso, anche per essere in regola con assurdi regolamenti europei. Con il risultato che, per esempio, il 30 per cento degli agrumi italiani, i migliori del mondo, non vanno sulle nostre tavole e finiscono nell’industria della trasformazione. Succhi o oli essenziali.

Quanto siamo sciocchi e spreconi quando facciamo la spesa di frutta, verdura e ortaggi. Per un’ignorante idea dei canoni estetici dei prodotti agricoli, e per la solita emulazione delle peggiori abitudini dei consumatori anglosassoni, americani e inglesi, buttiamo, o non compriamo, cibo ammaccato, con qualche macchia, tozzo, genericamente definito “brutto”, confondendolo con prodotti cattivi. Quando magari è vero il contrario. Una mano a questo assurdo spreco di cibo arriva anche dalla solita miope e lunare burocrazia europea che ha imposto “standard” estetici ai prodotti agricoli. Con il brillante risultato di uno scempio, con il 33 per cento di frutta, ortaggi e verdure prodotti in Europa che non arrivano neanche nei negozi dei supermercati o nei punti vendita al dettaglio in quanto considerati “brutti” dai consumatori.

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SPRECO FRUTTA E VERDURA

Che cosa intendiamo per “brutti”, innanzitutto? Una mela ammaccata. Un pomodoro che ha qualche taglio, non profondo, sulla buccia. Il limone tozzo. La pera con una forma tondeggiante. La carota che lungo il suo corpo presenta alcune propaggini. La patata che non ha la solita forma. Per non parlare dei colori: appena un frutto, una verdura o un ortaggio non brillano, vengono scartati. Come se fossero articoli di una gioielleria.

FRUTTA E VERDURA IMPERFETTA

Di solito, l’equazione corretta è esattamente il contrario di ciò che pensano i poveri consumatori poco informati: la frutta “brutta” è più buona e ricca di sostanze preziose come le fibre. In quanto è prodotta senza additivi chimici, senza pesticidi e con metodi biologici molto rigorosi. Così come il colore può essere opaco in quanto la maturazione è stata solo naturale, e non incentivata in modo artificiale, fino a modificare, il peggio, il sapore del frutto. Un esempio classico sono le mele annurche, le arance o i mandarini. Capita spesso che hanno forme scomposte, sono piuttosto piccole come misure, oppure presentano ammaccature: eppure il sapore è squisito, e nel caso degli agrumi sono ricchi di succo, la vera cosa importante di questo tipo di frutta.

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SPRECHI ALIMENTARI FRUTTA E VERDURA

Il paese dove lo spreco di prodotti agricoli poco attraenti è più alto è la Gran Bretagna, dove l’associazione Global Food Security ha calcolato che il 40 per cento dei prodotti agricoli coltivati nel paese britannico non arrivano neanche a destinazione in quanto “poco accettabili dal punto di vista estetico”. Il risultato è che ogni anno 4,5 milioni di tonnellate di frutta, verdura e ortaggi, finiscono nella spazzatura (50 milioni di tonnellate in tutta Europa). In prima fila ci sono carote e patate con circa il 10 per cento della massa totale.

Anche l’Italia ha preso ormai questa pessima abitudine di scartare frutta in quanto “brutta”. E uno studio dell’università di Edimburgo accusa l’Unione europea di alimentare, nei fatti, questo gigantesco spreco di cibi per motivi estetici per il suo folle regolamento. Che fare? La via d’uscita è partire dal consumatore, e informarlo in modo corretto sulla nuova equazione: più brutta, più buona. E aumentare al massimo le alleanze con le catene di distribuzione. In Francia, per esempio, ha avuto molto successo un esperimento di alcune catene della grande distribuzione: sconti fino al 30 per cento sui prodotti agricoli giudicati “brutti” dal punto di vista estetico. Qualcuno in Italia dovrebbe fare esattamente lo stesso.

COME MANGIARE LA FRUTTA

Quando mangiamo la frutta dobbiamo avere la consapevolezza che estetica e qualità di un frutto non sono sinonimi, e non vanno di pari passo. Anzi. Il mirtillo nero, tutto tondo, perfetto e luccicante, è prodotto in serra, e ha decisamente un sapore minore e anche minori qualità di un mirtillo selvatico, tozzo e irregolare. Pesche, albicocche, pere, prugne: quando sono piccole, e anche deformate, vuol dire che non sono piene di acqua e hanno avuto un processo di maturazione più efficace. Scartarle è semplicemente uno spreco, per non parlare di quelli che, solo guardandole, le buttano nella spazzatura. E sempre a proposito di come si mangia la frutta, prendiamo la buona abitudine di non gettare nell’immondizia quella che avanza. E’ perfetta per fare squisite macedonie o per utilizzarla in centrifugati e frullati.

BABACO MARKET

Sull’onda di una crescente indignazione per lo spreco di frutta e verdura, sta crescendo, dal basso e grazie alla tecnologia e all’inventiva di tanti giovani, una rete di vendita di prodotti brutti ma buoni. Un caso per tutti è la piattaforma Babaco Market di Francesco Giberti e Luca Massaretti che ha messo in collaborazione quasi un centinaio di piccoli produttori con un network di consumatori. I primi riescono a vendere anche i loro frutti scartati per motivi estetici dai grandi commercianti e dai mercati, i secondi hanno frutta saporita e di ottima qualità a prezzi super scontati. I vantaggi sono per tutti, ambiente compreso, visto che in questo modo con gli sprechi si riducono i rifiuti. Non a caso, al goal numero 12 dell’Agenda Onu 2030 per lo Sviluppo sostenibile è previsto di dimezzare, entro il 2030, lo spreco pro capite globale di rifiuti  alimentari nella vendita al dettaglio e dei consumatori. Un obiettivo che piace molto a Luca e Camilla, inventori di Bella dentro, una frutteria antispreco che gira con un’ape car per vendere a buon prezzo frutta brutta ma buona.

LO SPRECO DEI KIWI

Per capire quanto sia perverso e dannoso lo spreco della frutta made in Italy basta ricordare il caso dei kiwi, ben sintetizzato nel Rapporto Siamo alla frutta di Fabio Ciconte e Stefano Liberti. L’Italia è il il terzo produttore al mondo di kiwi, dopo Cina e Nuova Zelanda: ma dal 2014 non facciamo altro che perdere quote di mercato e produzione. Il risultato è che oltre un terzo della nostra produzione di kiwi non viene consumato, mentre nei reparti della frutta dei supermercati dilagano i kiwi importati dalla Grecia (+ 196mila tonnellate solo nell’ultimo anno). Sono esteticamente più belli dei nostri, ma hanno decisamente meno sapore.

I PROGETTI PER COMBATTERE LO SPRECO DI CIBO:

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