Save the Dogs: l’associazione che salva e trasforma la vita di migliaia di animali abbandonati

Tutto inizia con una donna, Sara Turetta, che lascia il posto di manager e si dedica al randagismo. Progetti in Romania, e poi in tanti altri paesi europei

Uova di Pasqua76

Save the Dogs and other Animals nasce da una scelta che ha cambiato non solo la vita di una donna, ma il destino di migliaia di animali. Tutto inizia nel 2002, quando Sara Turetta, all’epoca manager di successo in Saatchi & Saatchi, riceve la richiesta disperata di una famiglia italiana residente a Cernavoda, in Romania. Le strade della cittadina erano piene di cadaveri di randagi avvelenati, una pratica comune nel Paese per controllare il fenomeno del randagismo. Sara, che già da anni sosteneva alcuni rifugi di Bucarest come volontaria, capisce che quella tragedia non può restare ignorata.

Decide di provare a parlare con l’amministrazione comunale e, contro ogni previsione, riesce a ottenere un accordo pionieristico: se lei fosse riuscita a organizzare sterilizzazioni su larga scala, il Comune avrebbe interrotto le uccisioni. Sarebbe dovuta intervenire una piccola associazione locale, Spike, ma il progetto si interrompe subito tra rifiuti di trasparenza e nuove minacce di soppressioni. È il momento in cui Sara compie la scelta più coraggiosa della sua vita: lascia il suo lavoro a Milano, prepara una valigia e si trasferisce a Cernavoda. Riparte da zero in un edificio malridotto con pochi mezzi, ma con una determinazione incrollabile. È così che prende forma Save the Dogs and other Animals.

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I primi anni sono durissimi. La struttura iniziale è una piccola clinica veterinaria di 160 mq, con un piccolo canile annesso. Mancano medici e strumenti, e ci si affida a veterinari volontari che arrivano da tutta Europa. Le sterilizzazioni però vanno avanti senza sosta, mentre Sara ricostruisce la rete di sostegno dall’Italia, apre l’ufficio di Milano e assume la sua prima collaboratrice. La raccolta fondi riparte, consentendo all’associazione di estendere l’attività anche a Medgidia, dove viene ottenuta una moratoria comunale sulle uccisioni dei cani e dove viene lanciata una clinica mobile per raggiungere le aree rurali, prive di servizi sanitari e teatro di continui abbandoni.

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Intanto Save the Dogs cresce anche dal punto di vista strutturale: viene acquistata una proprietà sulle colline intorno a Cernavoda, dove grazie alla collaborazione con The Donkey Sanctuary nasce il primo rifugio dell’Est Europa dedicato agli asini abbandonati. Negli anni il rifugio si amplia con stalle per cavalli salvati da maltrattamenti e con spazi sempre più efficaci per accogliere cani e gatti in difficoltà. Questo percorso porta all’inaugurazione di Footprints of Joy, un centro modello visitato dagli ambasciatori d’Italia e Regno Unito e celebrato dalle TV romene come esempio di gestione etica e moderna degli animali. Qui viene inaugurata anche una nuova clinica veterinaria, fondamentale per garantire sterilizzazioni, cure e interventi complessi.

La crescita dell’associazione non si ferma alla Romania: Save the Dogs apre sedi in altri Paesi europei, compresa l’Italia, con un ufficio a Milano e una community digitale attiva e appassionata. Nel 2019 lancia Non Uno di Troppo, un programma dedicato alla prevenzione e al contrasto del randagismo nel Sud Italia, soprattutto in Campania e Calabria, che unisce sterilizzazioni, educazione, formazione e supporto ai rifugi locali. In parallelo nasce Vite Connesse, un’azione pensata per le comunità più fragili in cui l’associazione opera: un aiuto concreto alle famiglie che non possono permettersi cure veterinarie o cibo per i propri animali, perché proteggere loro significa anche proteggere le persone.

A Cernavoda prende forma anche un progetto sociale di grande valore: un accordo con la direzione del carcere di Poarta Alba permette ai detenuti di lavorare con cani e gatti del rifugio, offrendo loro un percorso di riabilitazione, responsabilità e incontro con l’altro. E quando scoppia la guerra in Ucraina, Save the Dogs interviene immediatamente per sostenere gli animali rimasti nel Paese: oltre novemila tra cani e gatti ricevono cibo, cucce, medicine, riparo.

Negli anni Save the Dogs ha trovato casa a più di ottomila animali e ha salvato e curato decine di migliaia di cani, gatti, asini e cavalli. Ma per capire davvero cosa significhi il loro lavoro, basta raccontare una singola storia tra le molte.

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Luna era una cagnolina giovane, abbandonata alla periferia di Medgidia, incinta e allo stremo. La trovarono accasciata accanto a un cassonetto, pelle e ossa, incapace di reggersi in piedi. La portarono in clinica d’urgenza. Il suo sguardo era quello di chi ha conosciuto solo paura, ma conserva una scintilla di fiducia. Le cure furono lunghe: flebo, nutrizione controllata, terapia per le infezioni, un parto difficile seguito minuto per minuto dai veterinari. Solo due cuccioli sopravvissero, e Luna li accudì con una delicatezza che commosse chiunque la incontrasse. Con il tempo recuperò forze ed energia, e quando arrivò una richiesta di adozione dall’Italia, salì sul furgone della speranza con i suoi piccoli. Oggi vive in una casa sul Lago di Garda, dorme sul divano e corre nei prati come se il passato non fosse mai esistito. Gli operatori la ricordano così: “Era arrivata come un’ombra. È ripartita come una promessa mantenuta.”

Questa è la forza di Save the Dogs: cambiare destini, uno alla volta. Dietro ogni progetto, ogni clinica, ogni intervento, c’è la decisione di non restare indifferenti. C’è la storia di una donna che ha lasciato tutto per ricominciare altrove e la storia di migliaia di animali che, grazie a quella scelta, hanno potuto vivere la vita che meritavano. Quando tutto è cominciato, Sara non poteva immaginare cosa sarebbe diventata Save the Dogs. Eppure tutto ciò esiste proprio perché qualcuno, un giorno, ha deciso di non voltarsi dall’altra parte.

Le foto e l’immagine di copertina sono tratte dal sito “Save the Dogs and other Animals” e dalla pagina Facebook di Sara Turetta

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