Come salvare le edicole

Non possiamo rassegnarci alla strage delle edicole. Stiamo perdendo dei presidi di vita comunitaria sparsi sul territorio. E le soluzioni per fermare questo gigantesco spreco di civiltà, ci sono...

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In Italia sono rimaste, su tutto il territorio nazionale, 10.720 edicole, secondo i dati forniti dallo Snag (Sindacato Nazionale Autonomo Giornalai): negli anni Novanta erano oltre 36.000. Ridotte a meno di un terzo. Nelle grandi città, da Roma a Milano, da Napoli a Trieste, il ritmo di chiusura delle edicole è attorno al 30 per cento negli ultimi quattro anni, e il fenomeno sembra inarrestabile. La crisi della carta stampata, la disaffezione del pubblico ai giornali, il mancato ricambio del pubblico (le nuove generazioni ignorano completamente l’informazione cartacea), i costi di gestione diventati insostenibili, la fatica della vita di un giornalaio che inizia la sua giornata di lavoro all’alba e la finisce con  il tramonto. Le cause sono tante, tutte note, ma quello che lascia senza parole è l’impotenza con la quale stiamo assistendo a questo cambiamento, che non riguarda soltanto la sfera dell’informazione e della carta stampata, ma che segna un generale impoverimento della nostra vita sociale.  Eppure, come dimostrano alcuni casi in controtendenza, non dovremmo rassegnarci.

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La strage delle edicole si può e si deve fermare. Non bisogna cedere a ciò che si considera, sbagliando, ineluttabile, e pur prendendo atto che questa attività è stata travolta dalla crisi della carta stampata, non è scritto da nessuna parte che non si possa reagire. E interrompere un vero spreco di civiltà.
Spieghiamo bene, infatti, che cosa significa un’edicola, il suo valore, la sua forza. È un punto di riferimento sul territorio, nel quartiere, in una strada. In un piccolo centro. Ovunque. Un presidio di vita sostenibile, non solo per il valore della lettura, ma anche per il fatto che l’edicola crea comunità, unisce le persone nell’abitudine di andare a fare il loro acquisto cartaceo, riscalda il vivere quotidiano di una zona. In secondo luogo, l’edicola è un’attività economica vera e propria: crea lavoro, reddito, benessere. Da e per generazioni. E come qualsiasi attività economica risente dei cicli, dei cambiamenti del mercato e degli stili di vita. Ma non per questo, se per esempio viene ben sostenuta e messa in condizione di modernizzarsi, è condannata a scomparire. Infine, non dimenticate che l’edicolante, e in genere la sua famiglia considerando i vari turni per tenere aperto il punto vendita, sono persone che in qualche modo ci danno sicurezza, presidiano il loro territorio. Ne conoscono luoghi, angoli e persone. E quindi possono fare molte cose utili. Per tutti. E possono restare in campo, anche per non vendere solo quotidiani, periodici e prodotti affini. O magari aggiungendo qualche foulard per turisti, che non basta certo a risollevare le sorti di un autentico negozio.
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Per spingere e sostenere, a tutti i costi, questa fondamentale riconversione delle edicole, serve comunque una seconda gamba di interventi. E qui entrano in gioco la pubblica amministrazione e tutti coloro i quali sono interessati a tenere in vita le edicole, a partire dagli editori. Ma anche da altri soggetti che vendono i loro prodotti nelle edicole, per esempio le società telefoniche (vedi le schede) e le aziende del trasporto pubblico (vedi i biglietti dei mezzi urbani).
E qui veniamo al Come salvare le edicole. Sul nostro sito abbiamo raccontato un’edicola parigina diventata una sorta di «portierato di quartiere». Vende innanzitutto giornali, certo. Ma offre anche una quantità infinita di servizi, tutti utili, tutti da non sprecare per chi abita nella zona. Trova l’artigiano per i piccoli lavori domestici, dall’idraulico  all’elettricista. Riesce a coprire la domanda di badanti o di collaboratrici domestiche a ore. Oppure reperisce insegnanti per ripetizioni e anche accompagnatori per anziani che devono andare a fare la spesa da soli.
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L’esempio di Parigi, ma se ne possono fare anche alcuni in Italia, dimostra quale può essere la bussola da usare per evitare il naufragio delle edicole. Partendo dalle scelte, sia amministrative e politiche, sia a livello di piccole imprese, specie giovanili, che possono restituire una funzione alle edicole. Per esempio trasformandole in punti vendita di altro: mini-librerie, libri usati, noleggio di bici o monopattini, biglietti per concerti ed eventi culturali. E ancora: cartoleria, gadget, giocattoli, ricariche telefoniche, pagamento di bollette, ritiro pacchi (es. Amazon Hub), vendita di abbonamenti e biglietti per i trasporti pubblici, cibo e bevande: piccola caffetteria o vending machine integrata.

Con un termine piuttosto freddo e burocratico, edicola sociale, si  sta facendo strada un’attività da giornalaio che si occupa anche delle offerte e delle domande di lavoro nel quartiere. Lo spazio per salvare e rilanciare le edicole, sebbene sia stretto, esiste. E va sfruttato anche con una buona dose di coraggio

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Immagine di copertina: Fernando Privitera / Shutterstock.com

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