In Svizzera a 12 anni hai il «salario giovanile» per abituarti all’indipendenza. In Italia a 30 anni non vuoi lasciare casa

Gli svizzeri mandano in pensione. Per educare all’indipendenza, e per invogliare alla mobilità. Il 60 per cento dei giovani disoccupati italiani non è disposto a lasciare la famiglia.

salario giovanile svizzera

SALARIO GIOVANILE SVIZZERA

Due storie parallele aiutano a capire il problema che abbiamo con i figli, quando decidiamo di essere troppo protettivi, quando siamo ossessionati dal controllo, favorito anche dalle protesi elettroniche, quando non li educhiamo all’indipendenza.

La prima storia arriva dalla Svizzera, dove la paghetta è andata in pensione. Ed è stata sostituita dal «salario giovanile». Dove sta la differenza? Non certo nel lessico, ma nella sostanza. La paghetta è una sorta di rendita che siamo abituati a dare ai ragazzi senza chiederne poi alcun riscontro. Il «salario giovanile» invece deve servire ai nostri figli e nipoti per essere autosufficienti, a parte ovviamente vitto e alloggio: il primo passo, accompagnato dal denaro, per poi tuffarsi da soli nella vita e prendere la loro strada, lontano da casa.

Sono loro, una volta stipendiati dalla famiglia, a decidere se, come e quando spendere per un gioco, per un cinema, per un ristorante. E si presuppone che a forza di farlo, in piena autonomia, questi ragazzi diventeranno più autonomi e più responsabili. E non sprecheranno né tempo né soldi. Il «salario giovanile» funziona così: ogni mese, da quando il giovane ha 12 anni e inizia a spendere soldi in modo autonomo, la famiglia versa tra i 100 e i 200 franchi.  Con questa cifra c’è una sorta di «tutto compreso» che il ragazzo deve tenere presente, senza deroghe.

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GIOVANI CHE NON VOGLIONO LASCIARE CASA

La seconda storia invece riguarda l’Italia. La mancanza di lavoro per i giovani è forse la più grande vergogna nazionale, ma non dobbiamo mettere la testa nella sabbia di fronte a questa statistica di Eurostat: il 60 per cento dei giovani italiani disoccupati non è disposto a trasferirsi. Pur di restare con mammà e papà, preferisce rinunciare a un posto di lavoro. Che cosa significa questa scelta? Abbiamo figli bamboccioni? Non restiamo prigionieri dei luoghi comuni e guardiamo la realtà in faccia. Questi ragazzi, ripeto: svantaggiati rispetto alle precedenti generazioni, devono fare i conti con un doppio danno generazionale. Da un lato gli spazi sono più chiusi, come dimostra la staticità dell’ascensore sociale; dall’altro lato sono gli stessi genitori e nonni che finanziano questo immobilismo. Ricordate sempre che in Italia ci sono 7 milioni di nonni che passano soldi, più che un «salario giovanile» qui si tratta di un «sussidio giovanile», a figli e nipoti.

Coccolati in casa, protetti dal welfare parallelo familiare, e magari in grado di procurarsi qualche lavoretto saltuario in nero, molti giovani fanno una scelta radicale, al ribasso: restano a casa loro. E non costruiscono alcun tassello di futuro. Si schiacciano sul presente, non si buttano nella vita, e corrono il rischio di auto-condannarsi a un lungo, infinito galleggiamento.

QUANDO I GENITORI TROPPO PRESENTI DANNEGGIANO I FIGLI:

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