Poste Italiane, un’azienda strategica e da sistema-Paese, continua a mostrare due volti. Da un lato sbandiera la sua “sostenibilità” a tutto campo, nelle attività d’impresa come nelle politiche del personale, e dall’altro lato continua a utilizzare migliaia di lavoratori precari come una mandria umana. Un giorno li fa lavorare, e un altro li cancella e li lascia a casa, disoccupati.
Durante l’estate 2025, e in particolare nel mese di agosto, in Sicilia è avvenuta una cosa emblematica del doppio volto di Poste Italiane: in quasi 300 zone dell’isola tutti i servizi postali sono stati sospesi e gli uffici chiusi, per mancanza di personale.
Ma come mai un gruppo così solido, che non fa altro che vantare i suoi profitti ed è pronto a mettere sul tavolo oltre 600 milioni di euro per diventare l’azionista forte di Tim, ha una politica del personale così “insostenibile”?
A proposito di sostenibilità, infatti, se guardiamo a quella vera, e non a quella falsa, l’obiettivo numero 8 dell’Agenda Onu per lo Sviluppo Sostenibile, prevede “un lavoro dignitoso per tutti”. E quello dei precari di Poste, in Sicilia, come denunciato anche dal sindacato dei lavoratori postali sull’isola (il malcostume è stato segnalato da Maurizio Affatigato, segretario regionale della Cisl), e nel resto d’Italia, come documenta continuamente il movimento Precari in Rete-Poste Italiane, non è certo un lavoro che, con continue assunzioni a tempo determinato non rinnovate, può essere considerato “dignitoso”.
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