IMMIGRAZIONE CLANDESTINA NEL MEDITERRANEO –
Di fronte alla strage nel Mediterraneo e all’inconsistenza di una risposta politica, è giusto, perfino scontato, che la Chiesa prenda posizione. Però nelle parole dei suoi rappresentanti bisogna distinguere la parte spirituale, che si rivolge alle nostre coscienze oggi incenerite dai fatti, da quella politica, che riguarda invece le responsabilità dei governi. Sotto il primo profilo è impossibile dare torto a monsignor Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes della Conferenza episcopale italiana, quando si richiama alla tutela delle persone, alla solidarietà, all’accoglienza, alla necessità di canali umanitari. Sono valori che ci appartengono e formano una parte integrante del messaggio evangelico. Ma quando dal pulpito che guarda il cielo scendiamo con i piedi sulla terra, l’unica categoria che possiamo invocare è quella del realismo, della politica nella sua funzione più nobile come “arte del possibile”. E qui monsignor Perego scivola in un doppio errore, sia quando rimpiange l’operazione Mare Nostrum che, secondo lui, “ha contrastato i trafficanti senza dimenticare di salvare le vite umane“, sia quando si schiera contro operazioni militari per distruggere i barconi della morte e invoca un generico “piano sociale europeo”.
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FALLIMENTO MISSIONE TRITON –
La tragica contabilità di Mare Nostrum ci dice che solo nel 2014, a fronte di 439 operazioni di salvataggio, ci sono stati 3.419 morti nelle acque del Mediterraneo. La tomba era già aperta, e il fatto che con Triton, che si è tradotta in una diminuzione di risorse e di impegni da parte delle altre nazioni europee, i morti siano aumentati non significa nulla. Semmai, è la conferma che i trafficanti di immigrati in cerca di libertà e di salvezza sono più forti che mai, nonostante lo spiegamento di forze durante la stagione di Mare Nostrum. E di fronte a questo scenario non resta che una sola opzione: un’azione militare internazionale, magari con l’ombrello dell’Onu, che contempli anche la possibilità di distruggere le imbarcazioni dei criminali. D’altra parte non è stata forse un’azione militare internazionale a portare la pace, dopo anni di stermini, nella ex Jugoslavia? E non è un’azione militare quella che vede anche soldati italiani schierati in Libano, sempre per portare pace e stabilità in quei territori e salvare così vite umane? La vera differenza tra quegli interventi e la resa di oggi sta nell’abdicazione degli Stati Uniti che non hanno più voglia di interpretare il ruolo di “gendarmi del mondo”. Barack Obama lo ha ripetuto in modo garbato ma fermo anche a Matteo Renzi, nel corso della sua recente visita alla Casa Bianca: l’America non ha alcuna voglia di sporcarsi le mani in Libia, e considera lo sfarinamento del Paese dopo l’uccisione di Gheddafi (con regìa francese) un problema europeo. Senza gli Stati Uniti, e con l’Unione europea immobile, nessuno è in grado di mettere ordine, con tutti i rischi che ne conseguono, nella polveriera libica.
PIANO SOCIALE EUROPEO –
Quanto al “piano sociale europeo” invocato da monsignor Perego, la risposta indiretta alla sua richiesta è arrivata proprio ieri da un personaggio che l’Europa la conosce bene, avendola guidata come presidente della Commissione. Queste sono le parole di Romano Prodi, semplici e chiare: “L’Europa, alla fine, non farà nulla“. Continuerà a non fare nulla, per dirla con ulteriore precisione. Nel vuoto politico, nell’ipocrita rinuncia, anche solo ad affermarla come una necessità, di un’azione militare, saranno le bande criminali che comandano gli scafisti a vincere la guerra. E dovrebbe fare riflettere un uomo di Chiesa se un intellettuale non certo reazionario, nè tantomeno di simpatie leghiste, come Claudio Magris, parlando dei trafficanti del Mediterraneo bagnato di sangue abbia invocato la pena di morte. Noi non condividiamo questo estremo rimedio, ma neanche le braccia alzate in segno di resa, e quindi riteniamo che sia giusto intervenire, con mezzi militari, per distruggere le imbarcazioni della morte. A proposito degli scafisti, sono stati fermati e identificati quelli dell’ultima tragedia, che si sommano ai 366 arrestati nell’ultimo anno. Saremmo curiosi di sapere quanti di loro sono ancora in carcere, e dove, dopo un regolare processo, e quanti invece hanno riavuto la libertà e la licenza di uccidere. Il buonismo, anche quando è ispirato dalle migliori intenzioni, a volte gioca brutti scherzi. E può succedere perfino che i carnefici, in questo caso assassini, siano trattati meglio delle vittime, migliaia di uomini e donne disperati e sacrificati anche dalla nostra impotenza.
(Fonte immagine di copertina: Stringer/Getty Images)