Crescita o decrescita?

La domanda non è accademica: crescita o decrescita? E non riguarda soltanto gli specialisti, ma tutti noi perché senza ridurre un certo tipo di consumi compulsivi e spreconi (questa più che decrescita è eliminazione di inutili sprechi) e allo stesso tempo senza aumentare altri consumi più utili a tutti ( e questa è crescita) non […]

La domanda non è accademica: crescita o decrescita? E non riguarda soltanto gli specialisti, ma tutti noi perché senza ridurre un certo tipo di consumi compulsivi e spreconi (questa più che decrescita è eliminazione di inutili sprechi) e allo stesso tempo senza aumentare altri consumi più utili a tutti ( e questa è crescita) non usciremo certo dalla Grande Crisi. Il paradigma di Non Sprecare, chi ci segue lo sa bene, è proprio in questa sintesi: da un lato il risparmio, dall’altro la crescita economica sana, sostenibile e non compulsiva. Vi segnalo un articolo di Luigino Bruni, un autore che leggo sempre con interesse, perché qui viene ben spiegata la necessità di fare "crescere" anche, e forse innanzitutto, beni immateriali, che abbiamo sacrificato in questi anni, come la capacità di fare relazioni e non solo numeri, fatturati e profitti. Eccovi un estratto e buona lettura.

UN PATTO DI COMUNITA’ BASATO SULLA FIDUCIA. L’Europa sta vivendo, ormai da qualche anno, la crisi civile più grave dal dopoguerra. La globalizzazione dei mercati, e stili di vita insostenibili sul piano dei consumi individuali e collettivi (debiti pubblici), hanno destabilizzato, forse minato, l’equilibrio su cui si era fondata la Comunità europea generata dai primi trattati. Se oggi l’Europa vuole veramente uscire da questa grave crisi e immaginare una nuova stagione di benessere e di civiltà, è chiamata a fare qualcosa di simile a quanto fatto nel 1951 dai nostri padri e nonni: deve veramente mettere in comune la principale risorsa strategica che sta procurando in questi anni una nuova forma di guerra tra i popoli del Vecchio continente e, sempre più, del mondo: la finanza. Quanto fatto finora con l’euro, la BCE, il fondo salva-Stati, non è evidentemente sufficiente. Un patto di comunità sulla finanza significherebbe molte cose, tra cui dar vita agli eurobond e ad una vera Banca centrale europea, che però per essere creati hanno bisogno di un elemento fondamentale, tanto essenziale quanto evidentemente assente o quantomeno insufficiente, vale a dire la fiducia vera tra Stati e istituzioni europee.

IL NUOVO ORDINE ECONOMICO PASSA DALLA SOCIETA’ CIVILE. Le misure che stiamo prendendo in questi anni e mesi sono solo puntelle per impedire all’edificio di crollare definitivamente, senza che si intravvedano vere operazioni di ricostruzione delle strutture portanti. Un patto europeo “sulla e per la finanza” ne sarebbe il primo e fondamentale pilastro, ma non si vedono negli attuali leader politici né la forza delle idee né il coraggio civile di dar vita a una tale impresa, lasciando così alle giovani generazioni una casa comune pericolante e in costante rischio di crollo di fronte alla prossima scossa. Occorre allora continuare a parlare, e sempre di più, di questi temi fondamentali e assenti dai dibattiti pubblici poiché se ci sarà una rinascita dell’Europa e un nuovo ordine economico mondiale, questa volta non potrà sorgere dalla sfera politica (troppo debole dopo la fine delle ideologie): la speranza sta tutta nella società civile e quindi nella voglia di vita e di futuro della gente.

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