Comunicare con il silenzio, la lezione di Papa Francesco ai parolai del nulla

Durante la visita al campo di sterminio di Auschwitz Birkenau, il Pontefice ha usato il silenzio per il suo messaggio più intenso: lo sgomento di fronte all’orrore assoluto. E la voglia di amore autentico.

COMUNICARE CON IL SILENZIO –

Il viaggio di Papa Francesco in Polonia, e in particolare ad Auschwitz Birkenau in occasione dell’apertura della XXXI Giornata della Gioventù, ancora fresco di cronaca, è già nella Storia. Per l’intensità, l’unicità, la grandezza di un Pontefice che riesce a sorprendere con ogni dettaglio della sua missione pastorale.

A Cracovia, davanti a una folla oceanica di ragazzi, nei discorsi pubblici come nelle messe, Papa Francesco ha parlato, e non poco, con i suoi toni, quasi una continua sfida con l’interlocutore. Ai giovani si è rivolto con parole forti, invitandoli a non sprecare le loro vite, e piuttosto a sforzarsi per «cambiare il mondo», laddove il virus dell’ingiustizia sta crescendo a vista d’occhio in tutto il Pianeta.

Con parole sferzanti, ma sincere e autentiche, Papa Bergoglio ha invitato i giovani a «giocare da titolari, non da riserve», a non immaginare che «la felicità sia in un divano», a non rassegnarsi mai, anche di fronte al mistero di Dio che non sappiamo, con gli elementi della razionalità, dove si trovi davvero di fronte al male. Il Male di ieri, il Male assoluto e irripetibile dello sterminio degli ebrei, come il Male di oggi, un Male ancora misterioso per la sua portata, aizzato dal terrorismo (una guerra, non religione, ma comunque guerra) islamista.

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COSA COMUNICA IL SILENZIO –

Dopo le parole, nella visita pastorale di Papa Francesco è arrivato il momento del silenzio. O meglio: di un silenzio che, nel suo misticismo, nella sua essenziale spiritualità, vale più, molto di più, di qualsiasi messaggio verbale. Ho visto le immagini del Pontefice durante la visita nel campo di Auschwitz Birkenau, grazie agli eccellenti filmati mandati in onda da TV2000, la televisione della Conferenza episcopale italiana. Confesso di essermi commosso, e prima ancora turbato. Non si può restare indifferenti di fronte a un Papa che avanza nell’epicentro dell’orrore quasi strascicando il corpo, con uno sguardo perso, in segno di desolazione e di orrore, barcollando sotto i colpi di qualcosa che a distanza di tanto tempo ha ancora intatta la sua dimensione di dolore e di inspiegabile tragedia. Un Papa che sceglie il silenzio, solo e nient’altro che il silenzio, per comunicare a tutti noi, specie ai giovani, il suo messaggio, la cui profondità in questo caso è tutta nel gesto, e nell’assoluta mancanza di qualsiasi rumore.

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IL SILENZIO COME FORMA DI COMUNICAZIONE –

Guardandolo, mi sono venute in mente le parole che mi disse un monaco benedettino, uno dei personaggi più intensi sul piano spirituale e umano che ho mai incontrato nella mia vita, don Bernardino Cozzarini, quando gli chiesi di spiegare, per il mio libro Non sprecare, il valore del silenzio, in contrapposizione con l’abuso delle parole (spreco puro) e dei parolai. Ascoltate una parte di questa spiegazione: «Tutti abbiamo bisogno del silenzio per scoprire l’altro, umano o divino che sia. È un linguaggio necessario. Quando due persone si vogliono veramente bene, riescono a trasmettere il loro amore anche solo guardandosi negli occhi, avvicinando i loro volti. Non parlano. Ma quella comunicazione misteriosa, fatta appunto di sguardi, genera vita, voglia di stare insieme, condivisione di un pezzo di strada. Con il divino è la stessa cosa». Papa Francesco altro non ha fatto, con il suo silenzio di fronte all’orrore più disumano, che cercare e ricercare l’amore autentico, fatto di perdono, di misericordia, di condivisione, di rispetto, e innanzitutto della capacità di riconoscere l’altro. E non fargli del male, mai e per nessun motivo.

(Fonte immagine di copertina: Ansa)

PER APPROFONDIRE: Il monaco che insegna il valore del silenzio nel libro Non sprecare

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