Il concetto di migrante climatico, ovvero di chi fugge da un’esplosione delle temperature che può essere fatale per la salute (come è avvenuto e avviene non solo in Africa, ma anche in paesi occidentali ed europei con la Spagna), non è preso molto sul serio dagli organismi internazionali e dai vari governi del mondo, che non vogliono più rogne di quante già ne abbiamo per il problema degli esodati da terre diventate invivibili per le alte temperature.
L’Australia va in controtendenza, e già dal 2022 il paese è il numero uno al mondo per aver concesso i visti per i rifugiati climatici. Una delle ultime ondate di richieste è arrivata dall’arcipelago di Tuvalu, nell’Oceano Pacifico, tra l’Australia e le Hawaii. La metà degli abitanti di queste isole hanno già presentato la domanda per il riconoscimento dello status di “rifugiato climatico” che consentirebbe di emigrare in Australia, dove le opportunità di lavoro sono tante e la qualità della vita è ancora molto alta. Circa la metà dei 10 mila abitanti dell’arcipelago hanno presentato una domanda per partecipare a un concorso che assegna 280 visti per emigrare in Australia. Ma si tratta solo di un inizio, in quanto l’arcipelago di Tuvalu è al centro di continui fenomeni di inondazioni, erosione del suolo, distruzione del territorio.
Altri governi si sono messi sulla strada dell’Australia, anche se non si trovano in Europa o negli Stati Uniti, come la Nuova Zelanda, l’Islanda e il Canada. Ma l’Australia resta l’unico paese al mondo dove i rifugiati climatici hanno la sicurezza, una volta accolti, di essere messi in condizione di inserirsi, sia per quanto riguarda la casa sia per il lavoro, nella nuova patria. L’apertura verso i migranti da Tuval è una mossa geopolitica molto azzeccata, oltre che utile: consente all’Australia di aumentare la sua presenza e la sua influenza nel Pacifico, anche per frenare quella della Cina nella stessa area geografica. Mentre le previsioni considerate più attendibili parlano di migrazione obbligata per 200 milioni di persone entro il 2050. Chi accoglierà tanta gente?
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Foto copertina di Belle Co via Pexels
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