Biagio Conte, a Palermo come San Francesco: molla tutto e assiste i poveri

Si chiama Biagio Conte, è figlio di una famiglia dell'edilizia siciliana, e come il frate di Assisi ha rinunciato alla sua fortuna per assistere i poveri, fondando nel 1991 la Missione Speranza e Carità. La sua storia è diventata un cortometraggio

A Palermo lo chiamano il nuovo San Francesco. E in effetti la storia di Biagio Conte ricorda molto, a secoli di distanza, la straordinaria vicenda umana e spirituale del frate di Assisi. Come fosse un santo laico, ha pronunciato i voti di povertà, castità e obbedienza senza entrare in alcun ordine religioso. E si è messo in cammino, vestito di un saio e un bastone, senza cellulare né tv, né mezzi di comunicazione “moderni”.

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ASSISTENZA AI POVERI: LA STORIA DI BIAGIO CONTE

Figlio di una ricca famiglia di costruttori, Biagio sembrava destinato a seguire le orme del padre, entrando a sedici anni nel board dell’impresa edile. Auto, vestiti firmati, ragazze, completi color grigio o nero. Perché, come racconta in un’intervista al Corriere della Sera, “la mia vita non aveva colori”, anche se gli piaceva dipingere e leggere libri di filosofia. Poi la svolta, a soli 26 anni: guarda un documentario sui bambini che muoiono di fame in Africa e si convince che la sua vita deve cambiare. il 5 maggio 1990 lascia Firenze, dove nel frattempo si era spostato per seguire il suo talento artistico, per partire alla volta di Assisi, in un lungo pellegrinaggio, a piedi per incontrare i frati francescani.

«Mangiavo pinoli, cardi selvatici, erbe o fave e piselli rimasti nei campi dopo il raccolto. Alle persone per strada domandavo pane e acqua. Ci aggiungevano il companatico e un letto per la notte», aveva raccontato nella stessa intervista di Stefano Lorenzetto, al Corriere. «Non avendo né carta geografica né bussola, rischiavo di cadere nei dirupi. Dopo giorni di cammino, spesso mi ritrovavo al punto di partenza».

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LA SCELTA DI BIAGIO CONTE E LE SUE MISSIONI

Tuttavia, i francescani non lo accolgono: non c’è spazio, dicono. E così, fa  ritorno a Palermo, trovando condizioni di disagio sociale e povertà che lo trattengono dal partire per l’Africa, dove aveva deciso di andare in missione, e gli fanno decidere di rimboccarsi le maniche per assistere i poveri e gli emarginati della città siciliana. Da quel giorno, Biagio è riuscito a mettere in piedi una missione, la Missione Speranza e Carità, che assiste oltre mille persone.

La Missione di Speranza e Carità nasce appunto al suo rientro da Assisi, nel 1991,  sotto i portici della Stazione Centrale della città di Palermo. L’obiettivo è l’accoglienza dei nuovi poveri delle città, ossia  tutti quelli che rimangono indietro e ai margini. 1200 persone tra homeless, persone in condizione di disagio sociale, migranti, ex-detenuti, prostitute, accolti e sostenuti grazie all’operato di 6 missionari, dei novizi, di una decina di volontari e alla collaborazione fattiva di tutti e tutte. La Missione di Speranza e Carità opera in sette comunità: sei destinate all’accoglienza maschile e una per l’accoglienza di donne e mamme con bambini. Ognuna è dotata di una cucina e di una mensa dove vengono distribuiti tre pasti al giorno, di assistenza medica e farmaceutica per tutti e di servizi docce e vestiario per i tanti poveri che ogni giorno bussano alla porta.

Le strutture si trovano a Palermo e sono state “salvate” dall’incuria e degrado poiché abbandonate o inutilizzate da decenni, come nel caso dell’ex disinfettatoio comunale, fermo e vuoto da 30 anni. Gli ospiti stessi e tanti volontari, gruppi e associazioni, con grande spirito di solidarietà hanno iniziato, “una pietra dopo l’altra”,  il restauro e la ricostruzione dei locali. Un progetto in fieri, con attività avviate e altre ancora da avviare, che si imperniano su 3 centri principali: quello di Via Archirafi che occupa i locali del disinfettatoio e ospita circa 130 uomini che prima dormivano in strada, con situazioni di sofferenza più accentuata che hanno bisogno di costanti cure infermieristiche, quello di Via Garibaldi , che ospita l’Accoglienza Femminile nell’ ex convento di Santa Caterina, in cui trovano rifugio circa 100 tra donne e mamme con bambini, spesso vittime della tratta o migranti che necessitano di alloggio e infine la comunità di Via Decollati,  “La Cittadella del Povero e della Speranza”, nei locali di un’ex-caserma dell’aeronautica militare.

assistenza poveri biagio conte

LA COMUNITA’ DI BIAGIO CONTE CHE DÀ LAVORO AGLI IMMIGRATI

Proprio quest’ultima è nata per far fronte alla richiesta di aiuto di centinaia di migranti provenienti dall’Africa e dall’Asia: circa 700 ospiti tra giovani ragazzi sopra i diciotto anni di età, rifugiati politici, richiedenti asilo o titolari di un permesso di protezione internazionale. Per loro è stato pensato un apposito dormitorio per il primo soccorso e la cura di chi si è ammalato o fortemente debilitato per i “viaggi della speranza” che hanno intrapreso per raggiungere le coste della Sicilia. Molti di questi ragazzi, dopo avere riacquistato le forze, decidono di lasciare la comunità per cercare lavoro; altri, spesso bloccati dalle lungaggini burocratiche connesse al rilascio del permesso di soggiorno, decidono di vivere più a lungo nel centro. In questo caso, in comunità imparano i mestieri di fabbro, falegname, panettiere ed elettricista. L’organizzazione di Conte si occupa di tutto, dal vitto all’alloggio fino ai corsi di lingua. Qui si è quasi autosufficienti e non si spreca nulla. Il pane, per esempio, è fatto in casa con il grano che arriva da una comunità agricola di Tagliavia, frazione di Corleone, terra a rischio mafia, ma altri prodotti arrivano da due realtà messe in piedi dalla Missione:  una a Scopello, dove si producono olive per realizzare olio, e una a Palermo, ”Villa Florio”, dove si coltivano per lo più ortaggi e agrumi. Tutti gli ospiti dei centri contribuiscono ai lavori di aratura, semina, coltivazione e raccolta: un modo per stare lontani da alcool e dipendenze, oppure per svolgere misure alternative alla carcerazione. Per far funzionare le cose, Fratel Biagio Conte ha potuto sino ad ora contare su  donazioni di denaro, attrezzature agricole professionali, di semi e piante da singoli cittadini o associazioni.  La storia di quest’uomo dal sorriso aperto, che ha trovato Dio negli ultimi, ha ispirato un cortometraggio, che si chiama come il suo nome: Biagio, appunto. Nella sua lunga giornata dalla parte dei poveri e degli emarginati, il missionario siciliano trova anche il tempo per pregare. Come faceva San Francesco.

(Immagine in evidenza e a corredo del testo tratte dalla pagina Facebook della Missione di speranza e carità)

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