LONDRA –
La regina e’ furibonda. Durante l’incontro settimanale che si svolge a Buckingham Palace tra la sovrana e il primo ministro, Elisabetta II ha espresso a Gordon Brown la sua “grave preoccupazione”. Per quanto chiusa in un castello e isolata dai sudditi, Sua Maesta’ ha capito che in Gran Bretagna tira una brutta aria. Lo scandalo dei rimborsi spese dei deputati, che da giorni domina le prime pagine dei giornali, non accenna a concludersi. L’opinione pubblica ha sete di vendetta. Circolano richieste di elezioni anticipate per fare piazza pulita dei parlamentari profittatori o corrotti. Le prime teste di ministri e legislatori sono cominciate a cadere, ma ci sono pressioni per un’indagine della polizia: “Sbatteteli tutti in prigione”, tuona un tabloid. Oggi o domani potrebbe dimettersi Michael Martin, lo Speaker (ovvero il presidente) della camera dei Comuni: non succede da oltre 400 anni. Se non e’ una rivoluzione, insomma, poco ci manca: non per nulla la regina, garante della stabilita’ istituzionale, compresa la propria, e’ nervosa.
Il primo ministro non lo e’ meno. Un sondaggio pubblicato ieri assegna al Labour, il partito guidato da Gordon Brown, appena il 16% dei consensi, con i nazionalisti del Bnp al 15 e i liberal-democratici al 12. In testa ci sono i conservatori, al 31 per cento. Ma la casella che riceve piu’ voti in assoluto e’ quella con scritto “nessuno dei suddetti”: il 40 per cento. Una rivolta popolare senza precedenti attraversa il Regno Unito, e il bersaglio sono i partiti: tutti i partiti, tutti i politici. “The party’s over” titola in prima pagina il quotidiano Independent, con un gioco di parole che significa “la festa e’ finita” ma anche “la fine del partito”. Il palazzo di Westminster trema. Le elezioni europee e amministrative di giugno saranno la prima punizione per la classe politica. Una seconda, probabilmente piu’ severa, verra’ dalle elezioni legislative britanniche dell’anno prossimo (a meno che il voto non sia anticipato a furor di popolo), in cui si prevede che un gran numero degli attuali deputati non potranno ricandidarsi.
Come nello scandalo Watergate che fece dimettere Richard Nixon in America, anche qui ad accendere la miccia e’ stato un giornale. Allora, negli Usa, fu l’inchiesta di Woodward e Bernstein, i due reporter del Washington Post. Stavolta sono le rivelazioni del Daily Telegraph, un quotidiano generalmente moderato, filoconservatore, di proprieta’ dei fratelli Barclay, due miliardari che non amano mai mostrarsi in pubblico ne’ aprire bocca. Ma quando una “talpa” di Westminster, forse un impiegato o un archivista del parlamento, ha offerto al Telegraph un dischetto con tutti i rimborsi spese dei deputati chiedendo in cambio – secondo le indiscrezioni – 150 mila sterline, circa 170 mila euro, il giornale ha accettato. E cosi’, da una settimana, ogni giorno il Telegraph pubblica dieci pagine di documenti riservati; e il resto dei media nazionali gli vanno dietro, sia carta stampata che tivu’, pubblica o privata, citando e ripubblicando il materiale.
I deputati, in questo paese, hanno un salario di 60 mila sterline l’anno (la meta’ di quelli italiani, che sono i meglio pagati d’Europa). Possono incrementarlo mettendo in conto allo stato una serie di spese: per la “seconda casa” a Londra (se vengono da fuori), per il vitto, per la rappresentanza. Lo scoop del Telegraph rivela che alcuni hanno violato la legge: per esempio facendosi rimborsare un mutuo gia’ estinto, o (e’ il caso di una coppia di deputati marito e moglie) chiedendo un doppio rimborso per una singola “seconda casa”. La maggior parte delle richieste sono invece legittime, in base alla legge, ma sono “ingiuste” eticamente, come ha detto David Cameron, leader dei conservatori: rifarsi fare la piscina, il campo da tennis, acquistare nuovi elettrodomestici, comprare perfino cioccolatini e Tampax a spese dello Stato, ossia del contribuente, appare immorale, specie in un momento di dura crisi economica. Sia Brown che Cameron hanno destituito i deputati colpevoli degli episodi piu’ imbarazzanti, ordinato agli altri di restituire il maltolto e sostenuto l’esigenza di una riforma del sistema. Ma le riforme, quando la piazza ribolle di rabbia, talvolta non bastano. E la regina, comprensibilmente, e’ nervosa.