Sono sostenibili i centri solari nel deserto?

Il tedesco Gerhard Knies dopo il disastro di Chernobyl dell’’86 stimò che nei deserti ogni 6 ore si accumula più energia solare di quanta non ne occorra all’umanità intera in un intero anno. Ciò significherebbe che con 30.000 chilometri quadrati di deserto si potrebbe alimentare l’Europa intera. Su queste basi nasce nel 2003 una Società, […]

Il tedesco Gerhard Knies dopo il disastro di Chernobyl dell’’86 stimò che nei deserti ogni 6 ore si accumula più energia solare di quanta non ne occorra all’umanità intera in un intero anno. Ciò significherebbe che con 30.000 chilometri quadrati di deserto si potrebbe alimentare l’Europa intera. Su queste basi nasce nel 2003 una Società, la Desertec, che insieme alla Germania ha l’obiettivo, entro il 2050, di arrivare a produrre il 15% dell’energia necessaria all’Europa. Nel progetto sono previste cetrali eoliche e solari installate in Medio Oriente e Nord Africa. Il problema della dispersione di corrente verrà risolto con l’impiego di elettrodotti di nuova generazione, con una dispersione energetica ridotta al 3% ogni mille chilometri. L’idea ha un costo stimato sui 400 miliardi di euro.
 
 
Siamo nel 2009 quando nasce la Desertec Industrial Initiative, consorzio formato anche da Siemens E.ON e Deutsche Bank. Si annuncia la costruzione della prima centrale solare in Marocco proprio a ridosso del Sahara. Desertec darà vita a dodici chilometri quadrati di impianto che potrà produrre fino a 500 Megawatt. Fin qui tutto bene. Ma ecco una serie di quesiti che rendono complicato lo sviluppo del progetto. Prima di tutto un discorso ambientale riferito al danneggiamento delle tecnologie: i granelli di sabbia nell’ipotesi meno drammatica ricoprono i pannelli o gli specchi parabolici delle centrali, riducendone l’efficienza. A questo punto c’è necessità di acqua per ripulirli periodicamente, acqua che, in caso venisse reperita localmente, intaccherebbe le risorse locali già scarse.
 
 
Poi si pongono almeno due problemi di non poca rilevanza. Il primo è l’impatto ambientale che questo progetto potrebbe portare nei luoghi dove si svilupperà, con l’obiettivo di ridurre l’impatto della produzione energetica sull’ambiente europeo. Una coperta troppo corta che rende scettici molti esperti sul raggiungimento, per intero, degli obiettivi di programma. D’altro canto i costi non sembrano essere di semplice sostenibilità, soprattutto in un momento di crisi globale come quella che stiamo vivendo. Certo è che l’ecologia ed un vivere equilibrato viaggiano di pari passo con la ricerca e lo sviluppo. Ma sempre che portino verso traguardi oggettivamente sostenibili.

Ecoseven

 

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