Quell’ombra sulla ripresa

L’Europa scopre con costernazione che la bolla del credito al consumo sta scoppiando anche da questo lato dell’Atlantico. Eppure negli Usa, dove il livello delle insolvenze sulle carte di credito, arrivato a quota 14%, e’ gia’ doppio rispetto a quello dell’area Ue, non si respira un clima da ultima spiaggia. Allarme eccessivo, allora? Se il […]

L’Europa scopre con costernazione che la bolla del credito al consumo sta scoppiando anche da questo lato dell’Atlantico. Eppure negli Usa, dove il livello delle insolvenze sulle carte di credito, arrivato a quota 14%, e’ gia’ doppio rispetto a quello dell’area Ue, non si respira un clima da ultima spiaggia. Allarme eccessivo, allora? Se il timore e’ quello di nuovi crolli nel sistema bancario la risposta e’, probabilmente, si’: lo stress test al quale sono state sottoposte le banche Usa ha accertato che i 19 principali istituti accuseranno entro il 2010 perdite sulle loro attivita’ nel credito al consumo per oltre 80 miliardi di dollari: una cifra enorme, ma non comparabile con la distruzione di ricchezza avvenuta nel settore dei mutui-casa e nel mercato dei derivati. Perdite che le banche stano riassorbendo grazie ai sostegni diretti offerti dal governo federale e alla politica della Federal Reserve che da molti mesi, ormai, fornisce agli istituti denaro a costo zero.

In Europa gli interventi sono stati meno decisi e c’e’ anche una maggiore opacita’: i risultati degli stress test sulle banche, ad esempio, non sono stati resi di pubblico dominio, soprattutto per volonta’ delle autorita’ tedesche e francesi. Ma in diversi Paesi ? e, tra questi, l’Italia ? banche e consumatori hanno fatto un ricorso molto limitato al credito al consumo con rimborsi rateali differiti, i piu’ rischiosi: da noi le spese fatte col Bancomat e l’85% di quelle regolate con carta di credito vengono saldate a fine mese. Questi Paesi, insomma, rischiano assai poco con le carte di credito, mentre in Gran Bretagna, lo Stato piu’ esposto, il governo e’ gia’ intervenuto massicciamente nazionalizzando gli istituti che rischiavano di soccombere alla crisi.

Il punto e’ un altro: il ritorno delle economie occidentali sui binari della crescita dopo una recessione che dura ormai da 20 mesi si sta rivelando piu’ problematico del previsto e la crisi del credito al consumo complica ulteriormente le cose. I dati reali della crisi si rivelano spesso peggiori delle previsioni perche’ molte analisi hanno sottovalutato l’impatto dell’aumento della disoccupazione sulla capacita’ dei cittadini di far fronte ai loro debiti. Vale per le carte di credito ma, negli Usa, vale ancor di piu’ per le case: continuano a perdere valore proprio perche’ stanno andando in default non solo i mutui subprime, ma anche quelli sani, contratti da gente che disponeva di un reddito adeguato, ma che ora, perso il lavoro, non puo’ far fronte ai suoi impegni.

Negli ultimi due giorni dal mercato immobiliare Usa e’ venuto qualche segnale che fa sperare, ma il rischio e’ che, tra nuovi disoccupati e contrazione prolungata dei consumi, l’economia resti debolissima anche nel 2010. In America l’orgogliosa bandiera del plastic money , il combustibile dell’iperconsumismo, e’ stata ammainata gia’ da quasi un anno: i livelli di spesa si sono abbassati, si cerca di tornare a risparmiare e un consumatore su quattro dichiara di usare il denaro contante molto piu’ di prima. E’ un faticoso ritorno alla sobrieta’ dopo la sbornia del debito facile. Una frugalita’ necessaria, laddove le famiglie sono molto esposte: ci restituira’ un’America piu’ sana, non certo una locomotiva.

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