Protesi difettose al seno, l’odissea di un’inglese

Si chiama Tracey Stevens e se a molti il suo nome non dirà nulla, lo stesso non vale per la ditta francese Poly Implant Prothese, altrimenti nota come PIP, visto che questa 45enne impiegata ospedaliera di Dartford, nel Kent, è la prima vittima inglese dello scandalo delle protesi difettose, che ha interessato centinaia di migliaia […]

Si chiama Tracey Stevens e se a molti il suo nome non dirà nulla, lo stesso non vale per la ditta francese Poly Implant Prothese, altrimenti nota come PIP, visto che questa 45enne impiegata ospedaliera di Dartford, nel Kent, è la prima vittima inglese dello scandalo delle protesi difettose, che ha interessato centinaia di migliaia di donne in tutto il mondo. A marzo fu il giornale transalpino Le Parisien a sollevare il polverone, raccontando che la procura di Marsiglia aveva aperto un’inchiesta sulla ditta francese produttrice delle protesi, accusata di aver usato un tipo di gel di silicone non autorizzato dalle autorità sanitarie del Paese per ridurre i costi. E proprio la scarsa qualità del prodotto utilizzato sarebbe la causa delle rotture frequenti e senza apparente spiegazione, con conseguente grave rischio per la salute delle donne.

L’INTERVENTO – Lo stesso rischio corso dalla Stevens che, dopo tre gravidanze, nel 2000 aveva deciso di sottoporsi a un intervento di mastoplastica additiva in una clinica privata per rimodellare la propria figura. L’operazione, costata 3mila sterline, sembrava perfettamente riuscita. Nel 2005 sono però iniziati i problemi: la donna ha cominciato a soffrire di lancinanti e misteriosi dolori alle articolazioni. Dopo un attacco particolarmente violento, Tracey è stata sottoposta a una serie di esami e si è scoperto che entrambe le protesi applicate si erano rotte facendo così uscire il silicone, che era andato in circolo nel sangue causandole dolori tremendi. Immediata la decisione di rimuovere le protesi danneggiate e di sostituirle con altre più sicure: intervento che la Stevens ha pagato di tasca propria, perché il servizio sanitario inglese rimuove sì gratuitamente le protesi difettose, ma non le sostituisce. «Dopo l’operazione è stato fantastico – ha raccontato la donna alla trasmissione Tracey Story sul canale online Avia TV – perché quei sintomi terribili sono scomparsi e io ho recuperato completamente». Ma per eseguire il secondo intervento è stato necessario rimuovere dei linfonodi (organi del sistema linfatico in grado di intercettare e distruggere i germi) che erano stati intasati di gel e questo potrebbe avere ripercussioni sul suo sistema immunitario.

TEST ULTRASUONI – «Vorrei consigliare a tutte le donne che si sono sottoposte a un’operazione di mastoplastica con le mie stesse protesi di andare immediatamente a fare un test con gli ultrasuoni, non solo una semplice mammografia, perché solo così potranno vedere le possibili rotture prima che il problema degeneri, come è stato nel mio caso – ha raccontato la Stevens -. I primi fastidi sono stati al seno destro, ma i sintomi andavano e venivano, finché a settembre 2005 ho avuto un’eruzione cutanea su tutto il corpo, a parte faccia e braccia. Le articolazioni mi facevano malissimo, ero sempre stanca e il mio corpo stava andando in tilt. Dopo una serie di test che non avevano indicato nulla di anomalo, è stato trovato un nodulo al seno che, una volta esaminato, ha permesso di scoprire la rottura delle protesi e la perdita del silicone». Sfortunatamente per la signora Stevens e per tutte le donne che, come lei, sono state vittima delle protesi difettose, la PIP è in amministrazione controllata da marzo (ovvero da quando la magistratura francese ha aperto un’inchiesta) e questo, stando al Daily Mail, andrà a ripercuotersi sulla battaglia legale per il risarcimento danni.

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