Profitto e solidarieta’ due anime in azienda

di Elio Silva «Le idee camminano con le gambe degli uomini». Sarebbe contento Pietro Nenni, che usava spesso questo detto, nel sapere che Giampiero Fantini da Borgomanero (Novara), 60 anni, tecnico delle linee ad alta tensione nonché fervente cattolico, lo ha preso alla lettera. Non nel senso che abbia mai letto i suoi (monumentali) diari, […]

«Le idee camminano con le gambe degli uomini». Sarebbe contento Pietro Nenni, che usava spesso questo detto, nel sapere che Giampiero Fantini da Borgomanero (Novara), 60 anni, tecnico delle linee ad alta tensione nonché fervente cattolico, lo ha preso alla lettera. Non nel senso che abbia mai letto i suoi (monumentali) diari, ma perché, mettendo in gioco anni di ferie e permessi speciali, riuscendo a conquistare il concreto sostegno della propria azienda, il gruppo Terna, e coordinandosi con un’organizzazione non governativa, la Coopi, è riuscito a trasformare la sua idea in una vera e propria, benché piccola, economia di territorio.
Così a Kami, villaggio minerario sulle Ande boliviane, a 3.850 metri di quota, è arrivata la corrente elettrica. Miracolo di una linea lunga 37 chilometri, che si inerpica dai 2.650 metri di una centrale su un fiume agli oltre 4mila della vetta. E che ha portato la scintilla dello sviluppo a propagarsi nell’area, permettendo la creazione di 40 posti di lavoro nell’agricoltura e nell’allevamento, grazie anche alla presenza in loco di un missionario salesiano, anche lui di origine piemontese.
Una storia partita, come si usa dire, dal basso, ma che non avrebbe potuto riuscire meglio se pianificata da un dream team di manager. Perché l’idea di Fantini pare ritagliata alla perfezione sulla mission del gruppo Terna, settimo operatore mondiale nella trasmissione di energia. E l’impresa, che ci ha creduto fin dall’inizio, ora grazie a questo progetto si è aggiudicata la candidatura italiana all’European Employee Volunteering Award, prestigioso premio che sarà assegnato in febbraio a Bruxelles e consegnato in marzo a Londra.
Ma non si tratta di un caso isolato. Alla finale continentale, in categorie diverse, saranno presenti anche altre aziende italiane. Perché, contro ogni aspettativa, il fenomeno del volontariato d’impresa ha resistito alla crisi e sembra, anzi, aver dato nuova carica alla solidarietà e al welfare locale.
A raccontare la scommessa vinta di Kami è lo stesso Giampiero Fantini, da pochi giorni in pensione dopo 40 anni di lavoro, per lungo tratto all’Enel, poi come responsabile del gruppo operativo di Novara della Terna. «Faccio volontariato dalla metà degli anni 80 – ricorda -. Prima della Bolivia ero stato in diversi altri paesi, sia in Africa che nei Balcani». A parlargli del villaggio sulle Ande era stato, nel 1991, un giovane collega incontrato in un aeroporto brasiliano dopo una missione. Undici anni più tardi, un memo ricevuto via mail ha fatto scattare l’idea.
A Kami opera padre Serafino Chiesa, un salesiano originario di Santo Stefano Roero (Cuneo) che, grazie alla produzione e distribuzione di energia elettrica, intende sviluppare un’economia sostenibile. L’aiuto di un tecnico di grande esperienza come Fantini si è rivelato prezioso e le prime "trasferte" hanno consentito di gettare le basi dell’impresa. Ma la vera svolta è avvenuta quando il gruppo Terna ha deciso di sostenere il progetto, mettendo a disposizione fondi e, soprattutto, autorizzando le missioni di Fantini e di una decina di altri dipendenti. Oggi, dopo tre anni di lavori, la linea ad alta tensione è pronta per i collaudi.
«C’è stata una felice convergenza tra l’impegno dei lavoratori e la sensibilità sociale dell’azienda – commenta Fulvio Rossi, responsabile Csr di Terna -. Il progetto era particolarmente adatto a valorizzare le competenze del nostro gruppo, quindi è risultato naturale crederci». «Il sostegno è nato dal basso – conferma il direttore delle relazioni esterne, Giovanni Buttitta -. È vero che si tratta di una linea elettrica e del trasferimento di conoscenze tecniche tipiche di Terna, ma la spinta decisiva è venuta dalla passione dei volontari, che ha contagiato colleghi e manager».
Come detto, questa storia non rappresenta un caso isolato. Secondo Massimo Ceriotti, responsabile marketing di Sodalitas, la fondazione per la responsabilità sociale e il no profit di Assolombarda, partner italiano della britannica Business in The Community che organizza il premio europeo sul volontariato d’impresa, «le candidature pervenute quest’anno sono tutte di valore e attestano che l’attenzione e la sensibilità delle imprese nel coinvolgimento delle risorse umane non hanno risentito negativamente della crisi».
Vediamo, allora, quali sono le best practices giunte sul tavolo degli esaminatori. Nella categoria delle Pmi è stato selezionato per la finale il "pacchetto" di iniziative di volontariato promosse dal gruppo Filo diretto, società di prodotti assicurativi, attraverso la propria associazione Onlus: gli interventi hanno riguardato soprattutto bambini e famiglie in condizioni di disagio, sia in Italia che nel continente africano.
Segnalata nella categoria dedicata all’innovazione, correrà per il premio europeo anche Edison, con il progetto "Insieme per Haiti", a suo tempo raccontato dal Sole 24 Ore (si veda l’edizione del 27 settembre 2010). La società energetica è stata protagonista di una serie di interventi a beneficio dei bambini haitiani: tra gli altri, una raccolta fondi per il sostegno a distanza, alimentata dalla devoluzione di 168 euro per ciascun aderente, trattenuti direttamente in busta paga in più mensilità, e missioni di volontariato incentivate con permessi retribuiti, che hanno coinvolto 90 dipendenti. «L’approccio aziendale è stato molto apprezzato dal personale – conferma Francesca Magliulo, manager di Edison per la responsabilità sociale – e già tra un mese riprenderanno le partenze».
Il quartetto delle finaliste è completato, nella categoria New Comers, da Ubs Italia, branch nazionale del colosso finanziario, che ha sostenuto vari progetti, coinvolgendo 50 volontari su circa 500 dipendenti e donando risorse per 91mila euro. Tra le ultime iniziative una "scuola di cittadinanza" che ha portato i volontari di Ubs a operare nel centro Barrio’s di Milano, gestito dall’associazione Comunità Nuova, con l’intento di aggregare e integrare giovani immigrati.
Candidati, anche se non oggetto di specifiche nominations per il 2011, anche alcuni progetti di lungo corso. È il caso di Abb Italia che, dal 1996 a oggi, ha dedicato 15mila ore di volontariato a venti diverse associazioni no profit. «Oltre il 5% dei 5.600 dipendenti ha partecipato almeno una volta a un’iniziativa – riassume Francesca Federigi, Csr specialist della società -. Nel solo 2010 sono state donate 1.700 ore, abbiamo ospitato nei nostri locali banchetti di raccolta fondi di 30 organizzazioni e l’edizione milanese di "DiversitaLavoro", il career day dedicato alle persone svantaggiate».
Segnalata anche l’esperienza di Vodafone Italia che, attraverso la propria Fondazione, gestisce il programma World of difference, attraverso il quale i dipendenti hanno l’opportunità di investire tempo e competenze nel sostegno dei soggetti più deboli. Il gruppo Vodafone ha finanziato il programma con 700mila euro per l’anno in corso, selezionando 60 persone (non solo tra le maestranze, ma anche tra i clienti) che potranno prestare la propria attività presso le Onlus prescelte.
Analogamente, il gruppo alimentare Kraft ha organizzato un’intera settimana, la Delicious difference week, nella quale 233 dipendenti delle sedi nazionali si sono dedicati ad attività di volontariato, mentre Holcim Italia, società del settore cementifero, ha ulteriormente rafforzato l’appuntamento con il Community day, una giornata lavorativa, pagata dall’azienda, nella quale i volontari si mettono a disposizione di organizzazioni no profit. Formula, quest’ultima, largamente diffusa, soprattutto tra le società multinazionali.
Le candidature al premio europeo di Business in The Community non rappresentano, ovviamente, che una parte delle buone pratiche incentivate dai datori di lavoro e messe in atto dai dipendenti. Sodalitas stima che il volontariato d’impresa coinvolga ogni anno in Italia oltre 6mila professionisti d’azienda, che dedicano oltre 10mila giornate lavorative alla comunità. E una ricerca effettuata l’anno scorso dalla società Swg per l’osservatorio Socialis di Errepi comunicazione ha rilevato, su un campione di 800 aziende con oltre 100 dipendenti, che il 16,7% degli imprenditori invitano il personale a partecipare a iniziative sociali, mentre per il 54,3% degli intervistati l’opportunità di un coinvolgimento attivo è decisiva per il successo di un progetto.
Si spiega così l’analisi di Mario Molteni, professore di economia aziendale all’università Cattolica e direttore di Altis, Alta scuola imprese e società, secondo il quale «il volontariato d’impresa può rappresentare una ricchezza per tutti: per l’azienda, che fa squadra con i collaboratori e con la comunità di riferimento; per i dipendenti, che hanno la soddisfazione di servire ciò che riconoscono come un bene, e infine, ovviamente, per la società civile». Ciò dimostra, secondo Molteni, che «anche nelle aziende i comportamenti dettati dallo spirito di gratuità non soltanto non sono contro la logica dell’impresa, ma possono giovare allo sviluppo dell’organizzazione. Perché gli uomini hanno bisogno di essere tali, cioè di voler bene, anche nell’impresa».
 
 
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