Non si deve sprecare l’effetto-Monti

Non sprecate l”effetto Monti’. L’indicazione di Mario Monti come candidato alla presidenza del Consiglio ha cambiato il verso dei mercati finanziari internazionali. Se la crisi italiana fino a lunedì scorso stava trascinando al ribasso perfino Wall Street, ieri le Borse in Europa e Usa sono salite del 2% seguendo per il secondo giorno di fila […]

Non sprecate l”effetto Monti’. L’indicazione di Mario Monti come candidato alla presidenza del Consiglio ha cambiato il verso dei mercati finanziari internazionali. Se la crisi italiana fino a lunedì scorso stava trascinando al ribasso perfino Wall Street, ieri le Borse in Europa e Usa sono salite del 2% seguendo per il secondo giorno di fila l’energico rialzo dell’indice italiano. Non c’è nulla di veramente solido ancora nel cambiamento di sentimenti degli investitori, se non il fatto che essi stessi dimostrano che la strada verso il baratro non è a senso unico.
Ci sono condizioni, cioè, che possono convincere chi investe che l’area euro, i cui indicatori macro sono migliori di quelli americani e giapponesi, è tenuta insieme dalla determinazione politica dei suoi leader. Perché ciò sia realistico e riconoscibile è necessario avere responsabili politici molto credibili. Da qui l’efficacia – in Italia e in Europa – dell”effetto Monti’ e dell”effetto Papademos’.

La questione della fiducia è diventata un nodo strutturale della crisi. Osservata dal punto di vista degli investitori la spiegazione è abbastanza semplice. La zona euro non ha carenza di capitali, ma da quando nel gennaio 2009 sono aumentati i rischi specifici dei singoli Paesi il risparmio tedesco, frutto del costante surplus di parte corrente, non è più andato nel Sud Europa per mancanza di fiducia. Purtroppo non aver riconosciuto l’insolvenza greca ha reso gli europei poco credibili quando affermano che anche gli altri Paesi non sono insolventi.
Il ritornello ‘noi non siamo come la Grecia’ va infatti tutto dimostrato. Ed è proprio la fiducia che permette di distinguere tra crisi di liquidità e crisi di solvibilità. La Spagna è riuscita a recuperare un po’ di fiducia stabilendo, attraverso un impegno di unità nazionale, un calendario di riforme, condiviso senza drammi con le autorità europee. Ci è riuscita in parte l’Irlanda anticipando la realizzazione dei programmi della troika Ue-Bce-Fmi e appoggiandosi agli investimenti esteri. Ora la reazione dello spread italiano negli ultimi due giorni testimonia che ci sarebbe una possibilità di salvezza anche per l’Italia, che in fondo ha il suo punto di forza proprio in un debito estero molto basso. Purché non la sprechiamo nelle beghe di potere degli stessi partiti e lobby che ci hanno già spinto nel baratro.

È scioccante pensare che Obama, Merkel e Sarkozy siano accorsi a manifestare fiducia nella svolta politica di Roma e nell”effetto Monti’ e che dimenticabili protagonisti del sottobosco partitico italiano facciano leva sul proprio cinismo per sabotarla. Nel farlo distruggono la fiducia di cui avremo bisogno. Per quante riforme e sacrifici potremo fare nei prossimi mesi, avremo bisogno infatti di un’assistenza finanziaria internazionale tutt’altro che automatica.
L’Efsf, il cosiddetto fondo europeo salva-Stati, ha poche risorse. Inoltre il Governo ancora in carica ha rifiutato 45 miliardi di ‘linea di credito precauzionale’ offerti dall’Fmi. Resta quindi soprattutto la Bce a cui però non può essere chiesto esplicitamente un mandato illimitato di acquisto dei titoli italiani per ragioni giuridiche, finanziarie e politiche. Alla Bce va dunque offerto un impegno quotidiano e credibile affiché continui a mantenere a galla, finché possibile o finché necessario, la fiducia nei titoli italiani.
Non c’è nulla di non politico in tutto ciò: secondo i Trattati, l’Unione europea è una comunità di diritto che si basa sul principio ‘della mutua e sincera cooperazione’. Se un paese non è solidale e non è sincero non è nemmeno europeo.

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