Matteo e’ in seconda media, e sua madre ha quasi perso il conto delle scuole che ha cambiato. Tutto e’ iniziato in seconda elementare: mi diceva sempre “ho il mal di testa, mi annoio”. Pensavo fossero capricci, poi in terza ho confrontato i quaderni con quelli di un suo coetaneo, nostro vicino di casa: ho capito che mio figlio, rispetto ai compagni, non faceva niente. Matteo viene spostato, e si e’ trovato di fronte a un maestro che scrollava? fisicamente?chi non seguiva le lezioni. Ne e’ nato un conflitto pazzesco. Ma io non ho messo subito in discussione l’insegnante; al contrario, ho portato mio figlio al reparto di neuropsichiatria infantile.
Dove Matteo fa il suo ingresso preceduto da un dubbio, che e’ gia’ una potenziale diagnosi: sindrome da deficit di attenzione e iperattivita’. E da cui Matteo esce, invece, con un certificato che recita: QI = 148. Il 60% della popolazione si piazza, mediamente, tra 85 e 115. Talento, plusdotazione, genialita’. Molti modi, infinite sfumature per esprimere un solo concetto: ci sono bambine e bambini, adolescenti, ragazzi che seguono percorsi diversi. Piu’ rapidi, a volte piu’ tortuosi, sicuramente non omologabili con quelli della maggioranza dei loro coetanei. Percorsi lungo i quali avrebbero bisogno di trovare una mano tesa: per non inciampare, per non perdersi, per non sentirsi ? ancora una volta ?diversi. In Germania, e’ stato il ministero federale dell’Educazione a commissionare una ricerca sulla gifted education nei Paesi europei: Il sostegno alla formazione dei piu’ dotati ? si legge ? si sta espandendo in molte nazioni.
A Pavia, oggi, l’aula Foscolo dell’universita’ ospitera’ il primo convegno nazionale sui giovani geni?organizzato in collaborazione con l’associazione Giu’ le Mani dai Bambini ?, a coronamento di una settimana di summer school che ha messo a confronto dottorandi e ricercatori internazionali che si occupano delle strategie per sviluppare il potenziale dei bambini di talento. In Italia, unico Paese tra quelli esaminati dall’indagine tedesca, non esiste alcun regolamento scolastico, linea guida o strumento legislativo che definisca le modalita’ di inserimento per gli studenti plusdotati. Tutti parlano di ritornare a un sistema che premi i talenti ? commenta Maria Assunta Zanetti ?. La realta’, da noi, e’ ben diversa: la scuola non ha mai investito sullo sviluppo delle risorse individuali, si tenta semplicemente di portare tutti i ragazzi a un livello di omologazione.
Docente di Psicologia dello sviluppo e dell’educazione, Zanetti lavora da anni a stretto contatto con gli insegnanti, e spesso mi trovo a dover gestire situazioni e atteggiamenti che vengono letti come disaffezione scolastica: i famosi “ragazzi che si annoiano”. Ma in molti casi, sono semplicemente studenti che hanno una marcia in piu’ o delle potenzialita’ che la scuola non riesce a tirar fuori… . I talenti, appunto. Che possono essere di moltissimi tipi: non a caso, le definizioni di dotazione esistenti ad oggi hanno raggiunto quasi quota 100. Ci puo’ essere il classico genietto della matematica, ma anche il bambino con un talento musicale fuori dal comune. Ci sono talenti che toccano la sfera emotiva, e altri che potenziano la creativita’. Una statistica vera e propria e’ impossibile? riassume la neuropsicologa Anna Maria Roncoroni?ma stando ai modelli piu’ accettati nello studio della plusdotazione, potrebbe rientrarvi a vario titolo anche l’8-10% della popolazione. Nel migliore dei casi, otto bambini su 100 che, come Matteo, rischiano di ritrovarsi al margine del gruppo dei coetanei: perche’ troppo precoci, e quindi strani; perche’ disattenti o annoiati, e quindi problematici; perche’ iperattivi, e quindi a volte disobbedienti, polemici, ansiosi.
per loro che Maria Assunta Zanetti e Anna Maria Roncoroni, insieme a Sara Peruselli, hanno aperto, a gennaio, il primo Laboratorio di ricerca/intervento sul talento e sulla plusdotazione ([email protected]) del nostro Paese. Perche’ da noi, interviene Zanetti, esistono soltanto esperienze isolate, non a livello sistematico. L’obiettivo non e’ instillare negli insegnanti la cultura del genio o del fenomeno, bensi’ dare a tutti l’opportunita’ di esprimere le proprie capacita’, anche in modo non formale. Negli altri Paesi, ad esempio, ai bambini plusdotati e’ permesso aggregarsi a classi piu’ avanzate o usufruire di un counseling psicologico, esistono campi estivi e festival a loro dedicati, in alcuni casi c’e’ addirittura la possibilita’ di iscriversi a scuole speciali.
Soprattutto, esistono standard ufficiali per l’identificazione dei talenti la cui definizione, in Italia, sembra non essere mai stata una priorita’. Intendiamoci, noi non siamo per le classi differenziate: l’approccio e’ piuttosto quello di valorizzare una risorsa che e’ tale per tutti. Come e’ accaduto per la disabilita’. Sulle potenzialita’, invece, si pensa che tanto il bambino dotato se la cava da se’; ma poi quel che accade e’ che gli arrivano messaggi di non riconoscimento, in grado di creare un impasse. E il potenziale va perso. Non abbiamo ancora statistiche italiane ? conferma Roncoroni ? ma le ricerche internazionali dimostrano come tanti di questi ragazzi non arrivino neanche alla fine del ciclo scolastico. Perche’ la velocita’ nell’apprendere, ad esempio, puo’ essere anche una difficolta’: alle elementari e alle medie nessuno insegna loro a far fatica, e quando passano alle superiori, dove e’ necessario metterci impegno, si fermano.
Per questo, tra le attivita’ del Laboratorio, ci sono i corsi di formazione per gli insegnanti. E poi, ovviamente, la linea diretta con le famiglie: Ci trovano in Rete, e il primo contatto avviene via mail. Poi si parla, si cerca di capire le loro esigenze, inviamo materiale e questionari (per il ragazzo, ma anche per i genitori e gli insegnanti). Alla fine c’e’ l’appuntamento qui in sede. C’e’ chi viene per curiosita’, chi vede le difficolta’ del bambino nell’integrarsi, chi non sa piu’ come motivarlo ad andare a scuola…. Talenti (e problemi) diversi. A mio figlio, erano i prof a fare le battute: ma se sei cosi’ intelligente, perche’ non hai tutti 10?, ricorda con un sorriso amaro la mamma di Matteo. Ho trovato in Internet i contatti del Laboratorio, ci hanno aiutato molto. Ora per lui e’ importante dimenticare il QI e lavorare sull’autostima, la motivazione. Alla fine non pretendo che vada alla Normale di Pisa: quello che uno cerca e’ la tranquillita’, la normalita’. Anche in un Paese che, dei suoi talenti, sembra non sappia cosa farsene.