Manifesto dei ciclisti: “Sensori sui tir e limiti di velocità per le auto”

Una critical-mass digitale per accendere i riflettori sul problema della sicurezza dei ciclisti. Una quarantina di blogger italiani, appassionati a vario titolo delle due ruote a pedali, stanno rilanciando in queste ore sulla rete una campagna di sensibilizzazione partita qualche giorno fa dalle colonne del Times. Il quotidiano londinese ha sollevato il problema della mancanza […]

Una critical-mass digitale per accendere i riflettori sul problema della sicurezza dei ciclisti. Una quarantina di blogger italiani, appassionati a vario titolo delle due ruote a pedali, stanno rilanciando in queste ore sulla rete una campagna di sensibilizzazione partita qualche giorno fa dalle colonne del Times. Il quotidiano londinese ha sollevato il problema della mancanza di sicurezza per i ciclisti sulle strade (in Gran Bretagna ne sono morti 1275 in dieci anni), declinando la soluzione in un manifesto di otto punti. Un documento che in Italia è stato notato e apprezzato dai blogger di settore, che hanno deciso di farlo proprio e divulgarlo. Così sono iniziate a circolare mail e link, su twitter #salvaciclisti sta diventando uno dei trend della giornata e su facebook cresce di ora in ora il gruppo “salviamo i ciclisti”.

“In 10 anni in Italia sono state 2556 le vittime su due ruote – dicono i promotori dell’iniziativa salvaciclisti -, più del doppio di quelle del Regno Unito. Una cifra vergognosa per un paese come il nostro. È per questo motivo che chiediamo che anche in Italia vengano adottati gli otto punti del manifesto del Times”.

Il documento, pubblicato integralmente da blog come Piciclisti, Raggi di storia o Ciclonauti, chiede l’adozione di misure pratiche come l’imposizione dell’obbligo di installare avvisatori acustici, sensori e specchi aggiuntivi sugli autoarticolati che entrano nei centri urbani o il limite di 30 km orari su tutte le strade urbane sprovviste di pista ciclabile. Una delle richieste incluse nell’elenco è rivolta all’Anas, a cui viene chiesto di destinare il 2% del budget alla creazione di piste ciclabili di nuova generazione. Tra le regole del Times si trovano anche delle indicazioni di carattere più generale, come l’incentivazione delle sponsorizzazioni private per la creazione di piste ciclabili e superstrade ciclabili (sulla scorta, ad esempio dello schema di noleggio bici londinese sponsorizzato dalla Barclays), fino ad arrivare a invocare la nomina in ogni città di un commissario alla ciclabilità per promuovere le riforme.

L’iniziativa spontanea dei blogger è stata accolta con favore anche dalla Fiab (Federazione italiana amici della bicicletta) associazione che da anni si spende per la promozione della cultura della bicicletta nel nostro paese: “Fa piacere vedere che c’è qualcuno che lavora nella stessa direzione in cui stiamo lavorando noi da 20 anni, condividiamo in pieno l’appello del Times – ha dichiarato il presidente della Fiab Antonio Dalla Venezia -. I rilievi portati all’attenzione dei media sono attualissimi, da noi c’è insicurezza totale nella gran parte delle città. In alcuni posti il problema è forse meno avvertito, ci sono almeno 10 o 15 realtà in cui si viaggia bene, parlo ad esempio di Trento, Bolzano, Parma, Reggio Emilia o Ferrara, ultimamente anche Torino sta migliorando, ma a fronte di queste città dove aumenta la sensibilità e l’attenzione nei confronti dei ciclisti ce ne sono altre in cui non si fa assolutamente nulla”.

Secondo Dalla Venezia il cuore del problema risiede tutto nella mancanza di una regia nazionale attorno al problema della ciclabilità: “È tutto lasciato alla buona volontà degli amministratori locali – dice –. I governi che si sono avvicendati alla guida del Paese, di qualunque colore politico, hanno sempre ignorato il tema, l’ultima legge di finanziamento di infrastrutture per la ciclabilità risale al 1999. Ecco il perché di tante differenze all’interno del nostro Paese”. Dunque, ben vengano gli otto punti del Times, anche se secondo Dalla Venezia, prima di vedere i problemi nel dettaglio, bisognerebbe lavorare sulla promozione di una “coscienza diffusa sul tema della bici, capace di maturare risposte complete e complessive al problema”. Insomma, quella dei blogger è una provocazione condotta con le regole del web. Ma l’obiettivo dichiarato è quello di insistere con le istituzioni per convertire l’appello in regole da rispettare
 

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