L’Italia a metà

Sono quelle cose che quando le sfiori viaggiando pensi subito quanto ci starebbe bene l’ambientazione di un film. come se uno sceneggiatore banale e scontato avesse avuto mano libera attraverso tutta la penisola. Nella tradizione letteraria il viaggio in Italia e’ scoperta di bellezze artistiche e naturali nonche’ di caratteri umani. Due fotografi ? Pablo […]

Sono quelle cose che quando le sfiori viaggiando pensi subito quanto ci starebbe bene l’ambientazione di un film. come se uno sceneggiatore banale e scontato avesse avuto mano libera attraverso tutta la penisola. Nella tradizione letteraria il viaggio in Italia e’ scoperta di bellezze artistiche e naturali nonche’ di caratteri umani. Due fotografi ? Pablo Balbontin e Luca Marinelli ? l’hanno invece fatto per costruire un reportage (con la collaborazione di Lega Ambiente) sulle opere incompiute del nostro paese. Opere pubbliche (o con la partecipazione di enti pubblici) lasciate a meta’, inutilizzate, sbagliate e inservibili. Tante, tantissime. Dal Nord al Sud. Spopola la Sicilia, dove ne sono state censite centinaia, con l’apoteosi- record di Giarre. Va forte l’Abruzzo (“sfortunatissimo” nel settore, il terremoto l’ha appena dimostrato): negli anni ’90, a Teramo si era pensato di organizzare tour turistici per visitare strutture in abbandono. Ma anche il Nord si fa valere (li’, anzi, si registra il primato per la piu’ antica: l’idrovia Milano-Cremona – ovvero un canale fino al Po – mai completata pur avendo dato nome a un quartiere milanese, Porto di mare). In questo campo siamo una nazione unita: da Roma a Matera, dalla Toscana a Vercelli. La casistica e’ variegata (e indica gradi diversi di responsabilita’). Ci sono le incompiute che pur sarebbero necessarie. Quelle magari completate ma in abbandono perche’ nefaste. Quelle pronte ma inutilizzate per qualche ghiribizzo della politica o della burocrazia. E quelle malprogettate, ferme a meta’ perche’ le due rampe del ponte non si incontravano, erano ad altezza diversa. A valle dei madornali errori tecnici, i perche’ degli intoppi sono innumerevoli. Li illustra Franco Bassanini, docente di diritto costituzionale e presidente di Aspen Italia: Innanzitutto pesa – anche se non e’ una caratteristica solo italiana – la complessita’ del sistema, con la sovrapposizione di competenze tra diversi livelli istituzionali.

Qui, pero’, mancano procedure efficaci per risolvere questo tipo di controversie. La legge “Obiettivo” di Lunardi dava l’ultima parola al Consiglio dei Ministri ma la Corte Costituzionale, con una sentenza un po’ acrobatica, ha detto che questo va bene se c’e’ l’intesa con Regioni e comuni: cosi’ finisce che l’accordo e’ piu’ facile piu’ e’ forte l’interesse locale. E poi alcune amministrazioni (ambiente, salute, patrimonio artistico) possono bloccare le scelte delle Conferenze dei servizi che oggi varano molti di questi progetti: forti del diritto di veto, non partecipano e non dialogano. Il problema non e’ la complessita’ ma i tempi delle procedure. Poi, altri intoppi possono bloccare tutto. Continua Bassanini: Il sistema delle gare col massimo ribasso finisce per affidare i lavori a imprese che non hanno fatto bene i conti o, addirittura, falliscono. E la giustizia amministrativa, con ricorsi al Tar o al Consiglio di Stato, determina altre situazioni di rallentamenti che, forse, si potrebbero snellire. Infine c’e’ un altra tagliola, quella finanziaria: Oggi la crisi obbliga le imprese a rifare conti per opere prese in appalto prima: con la stretta del credito non tornano piu’. Succede, ad esempio, per alcune autostrade lombarde. E non bisogna dimenticare che gran parte di questi lavori (piu’ dell’80%) e’ finanziata da Regioni ed Enti locali. I quali, dopo il patto di stabilita’ europeo, hanno rigidissimi vincoli sul deficit. Questo incide sulle opere pubbliche: non e’ che se ne avviano di meno, semmai si fanno partire (magari per ragioni elettorali) e poi si bloccano per anni. Cosi’ vanno le cose in Italia. Sperando che alla fine non succeda davvero come in un film. Quando in Tre passi nel delirio di Federico Fellini (che, detto per inciso, conosceva bene gli stabilimenti cinematografici in abbandono a Tirrenia) Terence Stamp impara mortalmente cosa vuol dire correre lungo una strada che e’ ancora un cantiere.

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