I reattori a Fukushima sono spenti, ma l’assenza di un meccanismo di raffreddamento, messo fuori uso dal terremoto, fa surriscaldare il nocciolo dove sono le barre di uranio radioattive. I tecnici stanno pompando acqua di mare (che renderà comunque inservibile la centrale nel futuro), ma l’operazione va fatta con estrema cautela: il vapore prodotto deve essere contenuto il più possibile all’interno della centrale perché è anch’esso radioattivo. Inoltre l’idrogeno (sottoprodotto della fissione) si accumula e al contatto con l’aria esplode: è già avvenuto per i reattori 1 e 3 anche se, dice l’Agenzia delle nazioni Unite per la sicurezza nucleare (Aiea), i vessel (i contenitori del nocciolo) non sono stati toccati.
Cos’è il pericolo fusione?
L’acqua evapora al contatto con le barre, e se rimangono esposte all’aria troppo a lungo possono fondere, è il rischio che corre il reattore numero 2. Spiega Eugenio Tabet, ex direttore del Laboratorio di Fisica dell’Iss: "Si combatte contro il tempo nel caso le barre fondano. In questo caso si libererebbero quantità colossali di elementi radioattivi. Una parte dell’edificio di contenimento è già danneggiata, resta come scudo solo il vessel. Se dovessero cedere le protezioni fisiche intorno al nocciolo finirebbero nell’aria enormi quantità di materiale radioattivo su una scala non dissimile da quella di Cernobyl". Un caso di scuola mai verificatosi è che il materiale radioattivo passi nel suolo (sindrome cinese).
Ci si può fidare delle informazioni ufficiali?
L’agenzia per la sicurezza del governo, Nisa, e il proprietario della centrale, Tepco, sono gli unici organismi con informazioni di prima mano anche se le leggi internazionali obbligano a informative immediate all’Aiea, la quale sta mandando propri tecnici. Esistono anche fonti terze (l’esercito americano, i media locali) che per ora confermano le versioni ufficiali.
Che significa che quello di Fukushima è un incidente di livello 4? Può peggiorare?
Nella scala internazionale Ines si misura l’entità dell’incidente anche in base all’estensione degli effetti: il 4 indica l’evento peggiore che riesca ad essere contenuto nel perimetro della centrale. La presenza di nubi radioattive e di contaminazione verso l’esterno ha portato l’agenzia francese a prevedere un aumento al 5. Si potrebbe persino superare (il massimo è 7) in caso di fusione del nocciolo.
Come si può quantificare la pericolosità della fuga di radiazioni verificatasi in Giappone?
Per il direttore dell’Istituto di Fisiologia Clinica del Cnr di Pisa, Eugenio Picano: "Il danno delle radiazioni sulla salute dipende dalla dose di radiazioni assorbita, la dose può decadere rapidamente a seconda del materiale e della vicinanza al ground zero di emissione". Essere contaminati non implica né ammalarsi (tumori o malattie vascolari), né tantomeno morire, ma aumenta la probabilità di sviluppare disturbi. Secondo Eugenio Tabet: "Dalle scarse informazioni che arrivano si parla di mille volte il livello normale, vale a dire ricevere in 1-2 ore l’intera dose di radioattività che il nostro organismo assorbe ogni anno. Se questa esposizione durasse per diverse ore sarebbe molto pericoloso, ma stiamo parlando di un’esposizione diretta per chi è nelle immediate vicinanze o all’interno della centrale".
Le radiazioni dal Giappone possono arrivare fino a noi?
È altamente improbabile, persino in caso di un incidente ben più grave il climatologo dell’Enea Vincenzo Ferrara spiega: "Piccole nubi come quelle che si stanno verificando in Giappone in seguito ad emissioni controllate solitamente hanno un raggio di 10-20 chilometri, poi si diluiscono a causa di venti e turbolenze. Emissioni più consistenti, però, con un rilascio in quota possono arrivare a coprire qualche centinaio di chilometri, ma per arrivare a una diffusione come quella di Cernobyl ci vuole una emissione di grande quantità e prolungata nel tempo, spinta ad alta quota da un’esplosione, e soprattutto aiutata da condizioni meteo di venti favorevoli, con assenza di pioggia e turbolenze limitate, come si verificò appunto nel 1986. Ma anche se si ripetessero quelle condizioni, la maggior parte della nube o delle nubi giapponesi finirebbero per esaurirsi sull’oceano prima di arrivare sul continente americano".
Ma è vero che la sicurezza dei nuovi impianti è maggiore? Avremo mai la sicurezza totale?
La tecnologia migliora, gli impianti costruiti dopo quelle di Fukushima (anni 70) hanno moltiplicano i sistemi di sicurezza (ridondanza) e migliorato gli schermi come i vessel multistrato che reggono meglio a calore e pressione. Ma è una corsa senza fine, soprattutto perché gli eventi naturali non sono prevedibili: la centrale giapponese ha subito una scossa di terremoto ben superiore al massimo previsto dal progetto. Inoltre, fa notare Tabet: "Non va dimenticato che normalmente gli impianti nucleari in funzione sono soggetti a revisioni periodiche che possono comportare miglioramenti nella sicurezza". Quindi le dotazioni dell’impianto erano considerate all’altezza degli eventi prevedibili.
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