L’energia che pensa al futuro

Una realtà che progetta e realizza impianti per lo sfruttamento delle energie rinnovabili attiva in Italia dal 2006. Un team fatto di uomini convinti che un’energia pulita che non emette sostanze nocive per la salute dell’uomo possa migliorare il presente e costruire un futuro più sostenibile per il pianeta e per tutte le generazioni che […]

Una realtà che progetta e realizza impianti per lo sfruttamento delle energie rinnovabili attiva in Italia dal 2006. Un team fatto di uomini convinti che un’energia pulita che non emette sostanze nocive per la salute dell’uomo possa migliorare il presente e costruire un futuro più sostenibile per il pianeta e per tutte le generazioni che verranno. Stiamo parlando del Gruppo Sedna, una società che prende il nome da un piccolo pianeta che orbita al limitare del sistema solare, l’ultimo ad essere stato scoperto, “una novità carica di aspettative che rappresenta perfettamente la realtà della nostra azienda”.
Quali siano le aspettative del Gruppo ce lo ha spiegato il suo Presidente, Antonio Siano, con il quale abbiamo avuto il piacere di parlare all’ultima edizione della fiera Solarexpo. Con la faccia di chi la sa lunga e non si lascia scoraggiare, Siano ci ha raccontato come ha vissuto i “danni” che il settore ha subito negli ultimi mesi e come ha deciso di reagire, puntando tutto su qualità, velocità e prezzo.

Come si colloca il Gruppo Sedna nel mercato nazionale?
Questa è una bella domanda e non è una domanda facile, dato che fare un benchmark della nostra azienda all’interno di un mercato così frastagliato risulta veramente difficile. Siamo un EPC Contractor, costruiamo grandi impianti, siamo uno tra i player più importanti che lavorano con grossi gruppi internazionali, pertanto posizionati molto bene sul mercato italiano.

La situazione che il settore oggi sta vivendo in Italia è un po’ complicata. Come l’avete vissuta voi e in che modo pensate di reagire?
Abbiamo subito come tutti, penso. Nonostante gli enormi sforzi che noi imprenditori stiamo facendo per andare avanti, di fatto è da circa due mesi che c’è un fermo: dal 3 marzo scorso, infatti, non ci sono nuove commesse e questo blocco non riguarda solo il fotovoltaico, ma qualsiasi comparto delle rinnovabili. Come abbiamo reagito? In effetti avevamo già stabilito e pensato un piano di espansione internazionale, abbiamo aperto sedi in Bulgaria, le stiamo aprendo in America, le apriremo in altri Paesi del bacino del Mediterraneo. Rispetto a tanti altri operatori del settore, che sono stati messi in ginocchio dallo stop che il settore ha avuto su più fronti, non abbiamo toccato i dipendenti, per esempio. Questo per dire che l’attuale caos non ci sta mettendo in ginocchio, ma se il comparto non si rimette in moto, purtroppo subiremo anche noi delle conseguenze.

Cosa comporterebbe ciò all’interno dell’azienda?
Vedremo. Il fatto che le idee non siano chiare ci fa vivere nell’incertezza, ma proprio nell’incertezza siamo abituati a tenere duro con le nostre forze: le persone che lavorano all’interno della nostra azienda sono una risorsa fondamentale. Fin quando non avremo la certezza che ci avranno distrutto, terremo duro noi insieme ai nostri dipendenti.

Un’idea sui prossimi 5 anni delle rinnovabili se l‘è fatta?
Questa, oggi, è una domanda davvero troppo complessa. Prima pensavo che l’Italia, come Paese della comunità europea, potesse dare una certa stabilità a un settore che, rispetto ad altri, era l’unico a crescere veramente, qualche anno fa addirittura del 428%. Purtroppo, però, la visione che io ho avuto cinque anni fa quando ho fondato il Gruppo, oggi si è totalmente oscurata qui in Italia. Ed è questo il motivo per cui stiamo andando anche fuori.

Che progetti avete all’estero?
La voglia di porre nuove basi al di fuori dell’Italia, ci ha portato ad aprire, per esempio, la Sedna Power Plants, in Bulgaria. Là la nostra azienda si sta ampliando (abbiamo assunto 85 nuove figure), supportata anche da un incentivo che, pur provenendo da un governo dell’Europa dell’Est, è molto chiaro e sostiene molto bene le aziende negli investimenti. Anche il continente americano ci affascina un bel po’. Sul mercato americano ci siamo proposti come nuovo partner energetico in grado di offrire agli operatori del settore e agli utenti finali un servizio “chiavi in mano” che prevede assistenza, studio di prefattibilità, supporto all’ottenimento di risorse finanziarie, progettazione e installazione fino al servizio di Operation & Manteinance per 20 anni. In America, ovviamente la situazione è differente rispetto alla Bulgaria. Nonostante la normativa di riferimento cambi da Stato a Stato, la politica è abbastanza comune e il meccanismo incentivante, diverso dal nostro Conto Energia, in alcuni Stati mi sembra molto più veloce. Stiamo pensando a un’espansione del Gruppo anche in Canada e guardiamo con attenzione persino ad alcuni Paesi del Bacino del Mediterraneo, che in questo momento sembrano avere le idee un po’ più chiare dell’Italia sulla strada da perseguire.

In questa strategia d’investimento, ritiene che il fattore tecnologia avrà un ruolo determinante?
La Sedna Power Plants ha studiato soluzioni innovative per quanto riguarda le serre fotovoltaiche, per esempio, un prodotto nostro, con strutture nostre e per il quale ovviamente promuoveremo ulteriori innovazioni. Credo che nei prossimi 2-3 anni, tranne le applicazioni verticali del thin film, che già utilizziamo e abbiamo utilizzato nella costruzione dei grandi impianti, non vedo chiavi di volta tecnologiche per questo mercato. Noi ovviamente tendiamo sempre a innovarci per quel che riguarda la tipologia di business model, che nel nostro caso riguarda la costruzione di un impianto, e seguiremo ciò che detta e detterà il mercato.

Al momento dei saluti, tra il brusio dei padiglioni della fiera, un volantino spicca tra gli altri: Nuova energia per il Burkina Faso. Il Presidente Siano ci spiega che Sedna è anche impegnata socialmente. Nel 2010, infatti, ha realizzato e donato un impianto fotovoltaico per il dispensorio di Tampellin, in Burkina Faso, tramite l’associazione Baobab Amici di Tampellin. “L’Africa sub Sahariana – ha spiegato – è secondo i dati del Centro Nazionale di Epidemologia, Sorveglianza e Promozione della Salute la regione più pericolosa del mondo in cui nascere. Proprio per questo abbiamo deciso di donare nuova energia e alimentare il distretto di questo piccolo villaggio”.

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