La «Parentopoli» dentro Milano Ristorazione

Dopo i recenti casi di Roma (Ama, Atac e Cotral) e di Venezia (Actv) ecco la versione di «Parentopoli» in salsa meneghina. Accade dentro Milano Ristorazione, la società privata ma a capitale pubblico (99% comune di Milano, 1% Sogemi) che produce e distribuisce i pasti ai bambini di 450 scuole milanesi. Milano Ristorazione, finita anche […]

Dopo i recenti casi di Roma (Ama, Atac e Cotral) e di Venezia (Actv) ecco la versione di «Parentopoli» in salsa meneghina. Accade dentro Milano Ristorazione, la società privata ma a capitale pubblico (99% comune di Milano, 1% Sogemi) che produce e distribuisce i pasti ai bambini di 450 scuole milanesi. Milano Ristorazione, finita anche nel mirino di una class action dei genitori dei bambini, conta oggi quasi mille dipendenti (di cui 6 dirigenti, 12 quadri, 154 impiegati, 796 operai). Per il presidente Roberto Predolin, da pochi mesi subentrato a Michele Carruba, quella di assumere parenti, seppur disdicevole eticamente è una pratica «legittima dal punto di vista legale». E cita una sentenza della corte di Cassazione che afferma «che ad un ente pubblico economico o una società per azioni, benché a capitale pubblico, totale o parziale, nonostante mantenga l’evidenza pubblica a vari fini, come quello ad esempio del controllo della Corte dei Conti sulla gestione finanziaria o della responsabilità amministrativa dei loro amministratori, si applica la disciplina privatistica del codice civile». Tutto questo almeno fino al giugno del 2008 quando una nuova normativa (legge 133/2008) ha richiesto anche per le «spa pubbliche» la procedura concorsuale per le assunzioni. Ed allora? «Allora stiamo esaminando caso per caso i nominativi per verificare se ci sono stati abusi. A prima vista comunque si tratta di gente preparata… e le assunzioni (fino al 2008, ndr) anche se non condivisibili eticamente sono perfettamente legali», giura Predolin.

I NOMI – E allora vediamo le parentele dentro via Quaranta. Cominciamo dal direttore generale, Mauro Bianchi, finito nell’occhio del ciclone in questi giorni e sospeso dall’incarico per via di una maxi-liquidazione di oltre un milione di euro che è riuscito ad ottenere sulla base di un vecchio contratto che l’attuale gestione ora contesta. Mauro Bianchi, arrivato a guadagnare 340mila euro all’anno (che poi si è ridotto in accordo con l’azienda a 200mila) poteva incrociare nei corridoi di Mi-Ri fino a dicembre 2008 il figlio Marco. Assunto nel mese di gennaio del 2005 (quindi regolarmente seppur senza concorso) come assistente ai refettori, Marco Bianchi è poi diventato capo spedizione per l’Expo di Saragoza. Spedizione che portò in Spagna 5 bar, un self-service e un fast food, tutti acquistati sul mercato perché non c’era una società che potesse affittare le attrezzature: totale 792mila euro. Costo per riportarli in Italia e chiuderne una buona parte inutilizzata nel magazzino: quasi 18mila euro. Spedizione scritta a bilancio con 1,2 milioni di perdite. Marco Bianchi si è poi dimesso ma è rimasta in società la moglie, Irina Vorontsova risultata idonea per l’ufficio relazioni esterne dopo un breve «training on the job». Era l’ottobre del 2005, (quindi regolare la sua chiamata senza concorso secondo la normativa citata da Predolin) poi nel giugno successivo è convolata a nozze con Marco Bianchi, ora è in maternità. «Mauro Bianchi, provenendo dal Comune era convinto che Milano Ristorazione fosse una sua creatura – afferma Predolin – e la gestiva come tale». Discorso a parte merita il panificio di Mombretto di Mediglia. Il centro per il quale Milano Ristorazione paga un affitto di 124.670 euro l’anno è gestito da Claudio Teodoro Agnusdei che ricopre il ruolo di direttore mentre il figlio Luca è il responsabile del panificio. «Più che comprensibile – dice Predolin – visto che si è deciso di prendere per intero un servizio dall’esterno per portarlo in Mi-Ri. Come lei m’insegna, quello dei panettieri è uno di quei lavori che si passa di padre in figlio. Non si poteva fare diversamente».

NEGLI UFFICI – Ma se per i panettieri è normale trovare padre e figlio nelle stesse stanze forse lo è meno in un ufficio amministrativo incontrare una famiglia di ragionieri. In tutto una quindicina di dipendenti guidati da Achille Brivio. Nello stesso open space Brivio può contare sul lavoro di due impiegati di fiducia. Il figlio Roberto, assunto nel febbraio 2001 (quindi 7 anni prima che il regolamento imponesse un concorso), e la figlia Manuela, assunta nell’aprile del 2006. Ma non sono gli unici parenti in quel settore. Infatti, Ferdinando Busca, capo ufficio amministrativo (assunto nel 2001), lavora in ufficio con il cognato Ambrogio Giovilli (assunto nel 2007). Nello stesso ufficio lavorano poi Roberta Mantegazza e la figlia Ramona, entrambe impiegate. Anche nell’ufficio tecnico figurano dipendenti parenti. Antonio Ginevra (in Mi-Ri dal 2001) è l’attuale responsabile. Il direttore dei lavori che gestisce gli appalti di manutenzione ordinaria è (dal maggio 2008) il fratello Giuseppe. Poi due cognate in settori diversi: Barbara Piani (nell’ufficio tecnico dal 2001) e Silvia Cesari, impiegata nell’ufficio del personale dal dicembre del 2000.

L’ITER – Ad occuparsi dell’ufficio del personale c’è Lorena Cruber, sua sorella Luisella invece è responsabile dell’ufficio gestione di bilancio (assunta nel 2001). Nell’ufficio logistica, fino a qualche anno fa, lavorava Rosangela Refaldi. Al suo posto, la signora è andata in pensione, c’è ora la figlia Gloria Carminati (assunta nel 2008). Il responsabile dell’ufficio che si occupa della consegna dei pasti nelle varie scuole cittadine, è Damiano Minoglia. Invece sua moglie, Giovanna Stanchina, è un’impiegata del panificio (dal 2008). «Su alcune posizioni stiamo verificando se la data di assunzione è successiva al nuovo regolamento e se le procedure sono state corrette», afferma Predolin che ha voluto verificare nome per nome tutti i parenti che «qualche zelante» dipendente ha segnalato. Molte di queste «figure professionali» sono state inizialmente assunte da agenzie di lavoro interinale. Questa era la procedura. Bastava inviare un curriculum a Mi-Ri che girava i nomi dei candidati all’agenzia. Questa faceva i colloqui e poi assumeva con contratti a tempo. Alla scadenza dei contratti, dopo quindi un periodo di verifica, Mi.Ri procedeva con l’assunzione diretta. «Questo sistema non è il mio», puntualizza Predolin.

LE REAZIONI – David Gentili, consigliere del Pd, ha chiesto la convocazione urgente della Commissione di controllo sulle aziende partecipate e un’indagine accurata rispetto alla gestione di Milano Ristorazione in questi anni: «Recentemente abbiamo chiesto al direttore generale del comune di Milano Antonio Acerbo – afferma Gentili – che verifichi la correttezza delle procedure di assunzione che fanno riferimento ad un regolamento del tutto inadeguato alla normativa vigente». Sullo stesso tenore Patrizia Quartieri, consigliere indipendente eletta nelle liste di Rifondazione Comunista: «Non era un obbligo per Milano Ristorazione assumere tramite concorso, è vero. Resta comunque un’operazione molto discutibile sotto il profilo etico quella che porta a trasformare una società al 99% di proprietà comunale in un ufficio di collocamento per familiari, parenti e affini». Al di là delle polemiche politiche certo è che nei casi di Parentopoli sarà risuonata ironica l’indagine sulla soddisfazione del personale che Mi-Ri ha commissionato nel 2004 e nel 2008 quando chiedeva ai propri dipendenti di rispondere a domande sulle relazioni con il proprio responsabile, sul lavoro di gruppo, sul senso di appartenenza e sullo spirito di squadra. Risultato? «La soddisfazione è pari a 78,8% in costante miglioramento dal 2005».

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