Da più di un mese vivono assiepati nel garage dell’ex ambasciata somala 1 a Roma, in via dei Villini, una traversa di via Nomentana. Sono letteralmente allo stremo delle forze e tutte sono in possesso di un regolare permesso di soggiorno, per protezione internazionale. Medici per i Diritti Umani (MEDU 2) lancia un appello a Comune, Provincia, Regione e Ministero dell’Interno affinché si trovino subito soluzioni di accoglienza dignitose e posibilità d’integrazione. La struttura, abbandonata dalla rappresentanza diplomatica somala agli inizi degli anni novanta, è in uno stato di degrado totale ed è in alcuni punti pericolante. Non c’è corrente elettrica, né riscaldamento. Vi sono ovunque oggetti e mobilio in disuso, calcinacci e rifiuti accumulatisi nel corso degli anni, dove circolano indisturbati i ratti. I pochi locali "vivibili" sono occupati da giacigli di fortuna, dove i rifugiati sono costretti a vivere in uno stato di sovraffollamento e scarsa areazione. Le condizioni igienico-sanitarie sono disastrose, indescrivibili.
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Due bagni per 140 persone.
Restano funzionanti solo due servizi igienici, in condizioni che si possono solo immaginare. Uno di essi è solo una buca collegata al sistema fognario. Vi sono solo tre punti di erogazione dell’acqua che nelle giornate fredde sono praticamente inservibili per l’igiene personale. Per la cottura degli alimenti i rifugiati utilizzano dei vecchi fornellini da campo assai poco sicuri, in spazi angusti e in vicinanza di materiali facilmente infiammabili. Si tratta di una situazione che offre anche aspetti grotteschi, poiché questo autentico "inferno dei viventi" sorge nel bel mezzo di uno dei quartieri più eleganti della capitale, a due passi da Porta Pia. E’ una storia, questa, che si protrae da anni ed è stata più volte denunciata da associazioni e mezzi di informazione. Già nel 2004, un articolo del New York Times descriveva nei dettagli lo stato delle cose ed auspicava un rapido intervento da parte del governo italiano per trovare una soluzione.
L’unità mobile di MEDU – Di fronte questa situazione, MEDU ha attivato la propria unità mobile presso l’ex-ambasciata, garantendo visite mediche e distribuendo oltre cento sacchi a pelo ai rifugiati. Le patologie riscontrate sono quasi esclusivamente conseguenza delle pessime condizioni alloggiative ed igienico-sanitarie in cui i pazienti si trovano o dei traumi subiti nel paese di origine, oppure durante il viaggio per arrivare in Italia. Parlare di tutela della salute in queste condizioni di invivibilità non ha alcun senso. E’ evidente che siamo di fronte a una situazione di grave insufficienza del sistema di accoglienza e di integrazione nei confronti di persone che sono state obbligate a fuggire a causa della guerra e della violenza che vive il loro paese.
"Andate in via dei Villini…." Per molti di loro, una volta ottenuto il permesso di soggiorno per protezione internazionale, il sistema di accoglienza non è neppure mai stato attivato; la maggior parte delle persone intervistate, in Italia da uno o due anni, ha dichiarato di non aver mai avuto accesso ad un centro di accoglienza. Alcuni rifugiati, provenienti dal centro per richiedenti asilo di Crotone, raccontano che al momento della dimissione, gli è stato consegnato un biglietto di treno per arrivare a Roma insieme all’indirizzo per ottenere alloggio nella capitale: quello della fatiscente ex-ambasciata di Via dei Villini. Nelle scorse settimane l’unica risposta giunta dalle istituzioni è stata l’attuazione di un’operazione di polizia che ha portato al temporaneo sgombero della struttura senza alcuna soluzione alternativa per l’accoglienza.