Fotovoltaico: dal governo ok al decreto, aziende pronte a fare causa

Nessun limite alla potenza fotovoltaica incentivabile, ma solo alla quantità di fondi erogabili (300 milioni nel 2011) per i grandi impianti di oltre 1 MW realizzati sui tetti degli edifici e a quelli a terra maggiori di 200 kW; riduzione graduale ma corposa degli incentivi nel corso dei prossimi mesi fino al 2013 quando è […]

Nessun limite alla potenza fotovoltaica incentivabile, ma solo alla quantità di fondi erogabili (300 milioni nel 2011) per i grandi impianti di oltre 1 MW realizzati sui tetti degli edifici e a quelli a terra maggiori di 200 kW; riduzione graduale ma corposa degli incentivi nel corso dei prossimi mesi fino al 2013 quando è prevista l’entrata regime; indennizzo per quegli impianti che una volta ultimati devono attendere più di 30 giorni per l’allaccio alla rete usufruendo di incentivi più bassi. Ci sono voluti oltre due mesi e si è riusciti persino a sforare di cinque giorni il termine fissato per legge dallo stesso governo, ma alla fine il quarto conto energia ha finalmente visto la luce. La nuova normativa ha ricevuto oggi il via libera definitivo dal Consiglio dei ministri.

Reso necessario dal decreto "ammazza rinnovabili" approvato all’inizio di marzo che ha annullato con valore retroattivo quanto il governo aveva deciso appena pochi mesi prima, il nuovo testo è frutto di una laboriosa mediazione tra il ministro dello Sviluppo Economico Paolo Romani e quello dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo. Una trattativa che ha avuto fasi di scontro durissimo, come ha spiegato con scarsa eleganza lo stesso Romani pochi giorni fa: "Quella matta della Prestigiacomo mi fa incazzare, non ci dormo la notte".

Ma se la versione finale del decreto ha messo infine d’accordo i due colleghi, non si può certo dire che sia riuscita a conquistare il consenso degli operatori del settore, che restano fortemente critici nei confronti del provvedimento anche se rispetto a quanto stabilito a marzo con "l’ammazza rinnovabili" viene meno uno dei punti più contestati, la possibilità di fissare un tetto alla potenza installata.

"Esprimiamo con grande forza tutte le criticità riguardanti il testo. Il governo ci è venuto incontro con quello che possiamo definire un ‘aperitivo’, ma in realtà non ha cambiato la sostanza. Sono state anche ignorate alcune delle posizioni delle Regioni, ma soprattutto non sono stati ascoltati gli operatori del settore" lamenta Francesca Marchini, segretario generale di Assosolare, l’associazione che rappresenta anche gli operatori aderenti a Confindustria Energia. Marchini ha anche annunciato "la possibilità di procedere anche con azioni e strategie legali, visto che una parte dei diritti sono stati violati".

Hanno deciso invece di passare subito alle vie di fatto 150 aziende raccolte nell’associazione Sosrinnovabili, epicentro della forte mobilitazione delle scorse settimane, che sono pronte a presentare ricorsi sia alla Corte di giustizia Ue sia al Tar, con l’intenzione di portare la questione fino alla Corte costituzionale "perché il provvedimento danneggia le aziende che, pur avendo rispettato le norme di legge vigenti, avranno un diverso trattamento a livello di tariffe incentivanti". L’associazione intende perseguire poi anche una serie di azioni risarcitorie: "Un ricorso alla Corte dei conti perché il decreto espone lo stato al rischio di esborsi pesanti; e, infine, una segnalazione all’Antitrust: il provvedimento emanato dal governo falsa i termini della concorrenza, avvantaggiando i grandi gruppi oligopolistici".

Fortemente negativo anche il giudizio delle opposizioni. "Il compromesso raggiunto –  affermano i senatori del Pd Francesco Ferranti e Roberto Della Seta – non risolve i problemi fondamentali innescati dal provvedimento del 3 marzo scorso e che avevano determinato il blocco degli investimenti e che questo decreto non scioglie. Le criticità rimangono, e non sono di poco conto: gli effetti rimangono sostanzialmente retroattivi e nella fase transitoria da qui al 2013 il brusco decalage delle tariffe previsto richiederà agli operatori del settore uno sforzo molto pesante per evitare il rallentamento delle installazioni e il conseguente effetto nefasto sull’occupazione".

Tamburi di guerra che apparentemente non sembrano preoccupare il ministro Romani. "E’ una riforma strutturale per le imprese e i cittadini, raggiunta dopo una complessa e laboriosa concertazione – ha affermato oggi il ministro – Per il futuro energetico del Paese siamo impegnati a raggiungere e superare gli obiettivi di Europa 2020".

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