Sergio Rizzo
ROMA – Duemila? Tremila? Quanti siano davvero nessuno lo sa. Inutile cercare nel bilancio. Inutile pure frugare nel Conto annuale della Ragioneria, dove un tempo era possibile avere i dettagli sul personale delle singole amministrazioni. Da parecchio ormai quel sito, alla faccia della trasparenza, è praticamente inservibile. Una sola cosa è certa: i dipendenti della presidenza del Consiglio dei ministri ci costano un botto. Come racconta l’ ultima relazione sul costo del lavoro pubblico appena sfornata dalla Corte dei conti, per il solo personale non dirigente a tempo indeterminato di palazzo Chigi abbiamo speso nel 2009 ben 130 milioni 862 mila euro. Con un aumento rispetto al 2007 (unico anno completo della gestione di Romano Prodi) semplicemente pazzesco: +22,7%. Tanto più folle se si considera che nello stesso periodo la spesa per il personale dei ministeri ha subito una diminuzione dell’ 1,8%. E che il numero dei dipendenti fissi non dirigenti della presidenza si sarebbe ridotto, sulla carta, di ben 339 unità, passando da 2.355 a 2.016. Riduzione, tuttavia, solo apparente. Almeno a giudicare da altre informazioni contenute nella relazione dei magistrati contabili. Dove si dice, per esempio, che la retribuzione media procapite è stata nel 2009 di 42.951 euro. Dividendo per questa cifra la spesa complessiva di quasi 131 milioni si ottiene 3.046: ovvero il numero reale degli stipendi pagati (sempre senza considerare i dirigenti) da palazzo Chigi. Che sarebbero quindi ben 1.030 in più rispetto a quelli «ufficiali». E ben 204 in più rispetto a quelli reali (2.842) del 2007. Come si spiega? Sostiene la Corte dei conti che mentre il personale fisso della presidenza del Consiglio diminuiva, quello preso in prestito da altre amministrazioni montava come la panna. Fra il 2001 e il 2009 l’ aumento è stato del 28%. Nell’ ultimo anno, secondo i magistrati contabili, i dipendenti in prestito sono cresciuti ancora dell’ 11,5%, arrivando a rappresentare ormai «più del 43% del personale» di palazzo Chigi. Comprensibilmente, per entrare a far parte di quella specie di Eldorado si fa a gomitate. La paga è più alta mediamente del 56,6% rispetto a quella dei normali ministeri: 42.951 euro l’ anno contro 27.418. Fra il 2007 e il 2009, inoltre, lo stipendio medio è cresciuto del 14,7%, a fronte di un incremento di appena il 2,7% delle retribuzioni ministeriali. Astronomica la quantità di «progressioni orizzontali», come in burocratese vengono definiti gli aumenti di stipendio. In otto anni, dal 2001 al 2009, ce ne sono stati secondo la Corte dei conti 6.193 per poco più di duemila dipendenti ufficiali: il quadruplo di quello che hanno portato a casa i comuni ministeriali. Ancora: nel 2010, anno in cui è stato deciso il blocco delle paghe del pubblico impiego, causa crisi, «è stato sottoscritto», informa il bilancio di previsione 2011 di palazzo Chigi, «il contratto del personale dirigenziale relativo al quadriennio 2006-2009 e quello del personale non dirigenziale». Accordi, aggiunge il documento contabile della presidenza, che «hanno determinato un onere complessivo a regime» pari a 7,8 milioni. Senza considerare poi alcune graziose deroghe. La prima riguarda le norme Brunetta sulla meritocrazia della dirigenza, che al 10 marzo del 2011, hanno rivelato sempre i magistrati contabili in una precedente relazione, ancora non erano state applicate. La seconda, il taglio del 10% per le retribuzioni più elevate stabilito dal Tesoro l’ anno scorso: misura rimasta a lungo congelata per gli alti dirigenti di palazzo Chigi in virtù di alcuni «dubbi di natura interpretativa», come afferma il bilancio 2011 della presidenza. I dirigenti sono complessivamente 377. Circa il doppio di quelli (198) che ha intorno a sé il premier britannico David Cameron al Cabinet office, struttura omologa alla Presidenza del consiglio italiana. C’ è chi obietterà che il paragone fra Downing street e palazzo Chigi è improprio. Sta di fatto che fra tutti gli altri Paesi europei il Regno Unito è forse quello più comparabile al nostro per numero di abitanti, prodotto interno lordo, dimensioni del pubblico impiego e ruoli istituzionali. Eppure al Cabinet office sono sufficienti 1.337 dipendenti, numero due volte e mezzo inferiore a quello di palazzo Chigi: pari nel 2009, se sono attendibili le cifre che si ricavano dalle informazioni contenute nella relazione della Corte dei conti, a 3.423 unità compresi «prestiti» e dirigenti. Va detto che in quella cifra sono calcolate anche le strutture dei ministeri senza portafoglio, praticamente dipartimenti della presidenza. Non sono considerati, invece, gli staff. Dei quali si sa ancora meno. Per non dire quasi nulla. Con assoluta trasparenza, il bilancio di Cameron ci informa che la struttura del premier britannico può contare su 98 persone. Assai meno diligentemente, nell’ ultimo bilancio di previsione di palazzo Chigi c’ è solo la notizia che i collaboratori di fiducia dei vertici politici assorbono il 10% della spesa complessiva per il personale. Voce però introvabile. L’ anno scorso il documento contabile della presidenza aveva comunque stimato un esborso di 27 milioni e mezzo. Ammettendo che quei soldi siano stati spesi tutti, e calcolando una media (generosa) di 100 mila euro a persona, a palazzo Chigi e nei ministeri senza portafoglio i collaboratori «di fiducia» sarebbero almeno 270. Il triplo del Cabinet office.
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