Cresce, arrivando al 46,9 per cento della ricchezza totale. Allarga i suoi orizzonti, conquistando settori fino a ieri ostili. Ha un andamento dinamico, mentre l’economia si siede. È il Piq, il prodotto interno di qualità, fotografato dall’ultimo rapporto curato dalla Fondazione Symbola e da Unioncamere.
Il Piq, spiega Domenico Sturabotti, direttore di Symbola, rappresenta il tentativo di misurare la qualità della crescita di un Paese perché la crescita in sé non è un indicatore sufficiente: vendere oppio rende molto, ma è preferibile coltivare grano. E nel Pil cinese non viene ancora calcolato il peso delle 750mila persone che, secondo le stime della Banca Mondiale, muoiono prematuramente nel paese a causa dell’inquinamento dell’aria e dell’acqua.
Di qui la costruzione di un sistema di valutazione che faccia da cruscotto di controllo della macchina economica misurando il flusso dei servizi di supporto alla vita (dal ciclo dei nutrienti ai processi di formazione del suolo fertile), di approvvigionamento (cibo, acqua potabile, materiali, combustibile), di regolazione (del clima, delle maree, dell’acqua, dell’impollinazione).
In questo modo è possibile misurare, assieme allo stato dell’economia, quello degli ecosistemi naturali da cui l’economia stessa dipende visto che, ad esempio, forniscono oltre la metà dei farmaci e ci permettono di smaltire le nostre scorie, anidride carbonica compresa.
"Il Piq è uno strumento più che mai utile in un momento come questo, in cui occorre fare scelte serie ed eque", ricorda Ermete Realacci, presidente di Symbola. "Puntare sulla qualità e sulla sostenibilità significa infatti aumentare la capacità competitiva del paese e guardare con occhi diversi alle possibilità che la crisi offre".
Sono considerazioni che cominciano a far presa: tra le aziende esaminate una su quattro ha investito negli ultimi tre anni o investirà quest’anno in prodotti e tecnologie green. Si tratta di 370mila imprese che assumeranno nel 2011 oltre 220mila figure professionali riconducibili alla green economy, quasi il 40 per cento del loro fabbisogno complessivo.
Tra i settori più impegnati nel campo della riconversione green troviamo la chimica, la meccanica, l’elettronica, l’agroalimentare. Da un recente studio di Confindustria Ceramica risulta che circa la metà degli acquirenti delle piastrelle del distretto di Sassuolo vuole un prodotto con certificazione ambientale.
E molte imprese italiane del settore hanno avuto successo in California grazie all’entrata in vigore, dal primo gennaio 2010, di una normativa che vieta la vendita nello Stato americano di valvole o rubinetti con tracce di piombo. I produttori italiani, con i tedeschi, sono infatti gli unici al mondo ad avere le tecnologie adeguate per la fabbricazione di prodotti che rispettano i limiti di questa normativa, mentre i cinesi vendono rubinetti e valvole con il 4-5 per cento di piombo (nonostante l’Unione europea imponga da tempo un tetto del 2,5 per cento). Alla lunga puntare sulla qualità rende.