Così l’open source salverà l’ambiente

L’open source può salvare l’ambiente? Ci credono i fondatori dell’Open Source Ecology Project, che hanno deciso di applicare i principi del software libero (codice a disposizione di chiunque e nessuna rivendicazione di diritto o di brevetto) per la creazione di una società ecologicamente sostenibile.   Gli stessi principi hanno iniziato a contaminare anche il settore […]

L’open source può salvare l’ambiente? Ci credono i fondatori dell’Open Source Ecology Project, che hanno deciso di applicare i principi del software libero (codice a disposizione di chiunque e nessuna rivendicazione di diritto o di brevetto) per la creazione di una società ecologicamente sostenibile.
 

Gli stessi principi hanno iniziato a contaminare anche il settore dell’hardware, ed è da qui che parte l’idea di creare strumenti open source in grado di costruire comunità sostenibili – praticamente da zero, utilizzando materiali riciclati e di scarto.
 

L’obiettivo finale, sintetizzato da Nikolay Georgiev al sito di Techworld Australia, rievoca altre utopie che hanno infiammato il 900: "una società aperta, in cui sono soddisfatte le esigenze di tutti, e dove tutti hanno accesso alle informazioni, alla produzione di materiale, e anche ai sistemi di governance – in modo tale che la creatività umana si scateni, per tutte le persone ".
 

L’Ecologia Open Source è stata fondata da Marcin Jakubowski, un emigrato polacco negli Stati Uniti, nel 2003, dopo aver completato un dottorato di ricerca in fusione nucleare presso l’Università del Wisconsin. In una conferenza presso il TED, a febbraio, Jakubowski ha spiegato che dopo aver finito il suo dottorato, aveva scoperto che era “inutile", perché gli mancavano “le competenze pratiche”. Decise così di lavorare in una una fattoria nel Missouri per imparare a conoscere l’economia agricola. Un polacco, dunque, ha dato vita a una storia americana che più americana non si può.
 

"Ho comprato un trattore, ma poi si è rotto. Ho pagato per farlo riparare, poi si è rotto di nuovo. E presto fu troppo rotto. Mi sono reso conto che gli strumenti appropriati veramente a basso costo di cui avevo bisogno per iniziare un allevamento sostenibile ed equo ancora non esistevano” ha raccontato Jakubowski. Lui desiderava, infatti, prodotti “robusti, modulari altamente efficienti e ottimizzati, a basso costo, realizzati con materiali locali e riciclati che sarebbero durati tutta la vita” e decise di costruirli lui stesso.
 

Così nacque l’Open Source Ecology project, il cui unico frutto è attualmente il ‘Global Village Construction Set’ (GVCS). Il GVCS è descritto da Georgiev come una piattaforma "modulare, fai da te, a basso costo e ad alte prestazioni" che consente la creazione di 50 diverse macchine industriali per la costruzione di “una piccola civiltà sostenibile con i comfort moderni".
 

All’inizio, Jakubowski pubblicò il suo modello in 3D, corredato di schemi, spiegazioni e dettagli economici, utilizzando un wiki online, e suscitò l’interesse e la partecipazione di persone in tutto il mondo che iniziarono a inviare, a loro volta, prototipi di nuove macchine, fino a raggiungere le attuali 50.
 

Si tratta di bulldozer, falciatrici, microtrattori, retroescavatori, rotori universali, trapani a colonna per materiali duri, macchine multifunzione per lavori da fabbro, e un tavolo per il taglio di precisione della lamiera.

Il progetto è ambizioso, ma lo era anche la creazione di un sistema operativo libero, come Linux. Secondo Jakubowski "L’open source ha funzionato con strumenti per la gestione della conoscenza e della creatività. E lo stesso sta cominciando ad accadere anche con l’hardware”. E proprio questi esperimenti nella produzione materiale, che possono operare cambiamenti concreti nella vita delle persone, costituiscono il modello di riferimento per “abbassare le barriere per l’agricoltura, l’edilizia, la manifattura e liberare enormi quantità di potenziale umano".
 

Economicità, dunque, ma anche semplicità: “il nostro obiettivo è un archivio di progetti pubblicati in modo così chiaro e completo che un singolo DVD masterizzato sia effettivamente uno kit per l’avvio di una piccola civiltà", ha spiegato Jakubowski.
 

Ma c’è qualcosa di più e di diverso nei progetti della GVCS, rispetto agli standard industriali. Intanto, va da sé, tutti i disegni sono open source, quindi divulgabili e modificabili senza limiti. Tutta la documentazione è diffusa sotto la GNU Free Documentation License, l’equivalente del GPL in base al quale viene pubblicato una grande quantità di software libero, tra cui il kernel di Linux.
In secondo luogo, i prodotti devono puntare alla flessibilità e non alla specializzazione, perché l’utente finale possa adattarli alle proprie esigenze e ampliarne, se possibile, le funzioni.
 

Ma, forse più importante di tutto, i progetti devono adattarsi al “circuito chiuso di produzione", così descritto dal wiki: "Ogni prodotto non deve essere uno spreco, ma una materia prima per un altro processo. Il nostro progetto si basa sul riciclaggio dei metalli in materie prime vergini per la produzione di ulteriori tecnologie GVCS, consentendo in tal modo cicli di produzione dalla culla a una nuova culla". Ed eliminando così, aggiungiamo noi, la deprimente e inquinante fase della discarica.
 

Entusiasmo, competenza e strumenti non mancano. A differenza di tanti slanci utopistici finiti in tragedia, forse soffocati da presupposti teorici troppo rigidi, qui si parte dalle materie prime della vita produttiva: terra, macchine, risorse e, soprattutto, ingegno. Ci sono tutti i presupposti per esiti felicemente diversi.

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