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Cascina Caccia, da casolare confiscato alla ‘ndrangheta a luogo di rinascita

Intitolata a Bruno Caccia, procuratore antimafia ucciso a Torino nel giugno del 1983, è l'esempio di come i beni nati all'ombra dell'illegalità possano vedere nuova luce restituendoli alla collettività. Brillando con progetti che insegnino a essere cittadini consapevoli

di Alessia Di Donato Posted on 08.02.202010.02.2020
cascina confiscata alla 'ndrangheta

26 giugno 1983, domenica. Il Procuratore Capo della città di Torino, Bruno Caccia, si sta concedendo una passeggiata nella placida sera estiva. Il cane al guinzaglio, niente scorta, perché, in fondo, è domenica anche per loro, e quindi gli ha concesso un giorno di riposo. Mentre cammina si fa notte fonda, e sono le 23.30 quando viene avvicinato da una Fiat 128 di colore verde, con almeno due uomini a bordo. Quei due uomini sono due sicari del boss ‘ndranghetista Domenico Belfiore, reggente dell’omonima ndrina a capo del giro dello spaccio, dell’usura e del gioco d’azzardo nella città sabauda. Caccia muore con 14 colpi di pistola, alcuni esplosi a distanza ravvicinata, e Belfiore, pe questo, sarà condannato all’ergastolo.

Di Belfiore si sa che fosse potente, e molto ricco, che avesse le mani in pasta in ogni malaffare del Nord Italia, proprietà disseminate ovunque. Una di queste, una cascina a San Sebastiano da Po, è diventata il simbolo della rinascita, della luce della legalità contro il buio della criminalità organizzata.

LEGGI ANCHE:Forno di comunità ad Andria, un vero e proprio panificio che recupera i terreni confiscati alla mafia (Foto)

CASCINA CONFISCATA ALLA ‘NDRANGHETA

Se dovessimo raccontare la storia a ritroso partiremmo da qui, dai sigilli giudiziari che vengono infranti, legittimamente, nel 2007 dopo una battaglia patrimoniale contro la ndrina Belfiore che porta alla confisca e alla liberazione di tutti gli immobili a loro appartenuti: la cascina, a pochi km di distanza da Torino, viene liberata dall’amministrazione comunale, che la affida al Gruppo Abele, prima, e all’ Associazione ACMOS l’anno successivo, dopo una battaglia senza fine con gli stessi membri della cosca che, nonostante un decreto di confisca del 1996, hanno lasciato la proprietà solo nel 2007. Da allora il casolare, affiliato all’associazione Libera Contro le Mafie, è a disposizione della collettività, come prevede la legge, ed è divento un centro polifunzionale di incontro di saperi, esperienze e progetti diversi.  A partire dalla produzione del miele millefiori attraverso metodi rispettosi dell’ambiente e della salute delle api in un apposito apiario che conta circa cinquanta famiglie di api. Per arrivare ai tanti progetti di educazione al lavoro e alla legalità che hanno come destinatari le scolaresche della zona ma anche giovani di tutta Italia che, in estate, si ritrovano in cascina per un campeggio all’insegna dell’antimafia e della natura.

850 mq. di casolare disposti su tre piani, 24 posti letto e un fienile/auditorium, con il preciso intento di essere luogo di luce e di rinascita, di restituire un bene alla collettività, alla quale era stato usurpato. 

 

 

CASCINA CACCIA TORINO

In onore alla sua storia, la Cascina non poteva che non intitolarsi a Bruno Caccia, uomo di Stato, che ha fatto della lotta alle mafie e all’arroganza di pochi, un modus vivendi. Ed è proprio sequendo quell’esempio che i volontari della Cascina Caccia offrono ai ragazzi la possibilità di osservare come si possa trasformare un bene confiscato da un luogo di mafia a bene comune, e l’occasione di ragionare sugli strumenti concreti di contrasto al malaffare.

Nel nome di Caccia i residenti e i volontari, ogni anno, organizzano un festival con l’avvicinarsi del 26 giugno, giorno della commemorazione di Bruno Caccia. Così è nata Armonia, kermesse di arte e musica che chiama appassionati da tutta la penisola, ed è giunta nel 2018 alla decima edizione.Nei 200 metri quadri del fienile, concerti, dibattiti e buon cibo. Bellezza, memoria e impegno, educando alla difesa dei beni comuni, insegnado come essere cittadini consapevoli e attivi, uniti nel rifiuto di tutte le forme di illegalità di stampo mafioso.

La Cascina Caccia è parte dei tanti beni appartenuti alle mafie che, dopo il decreto legge 109/1996, è possibile “sbloccare” dopo il decreto di confisca: terreni, case, casolari, disseminati in tutto il territorio che diventano beni comuni, restituiti alla comunità per ospitare progetti con finalità sociale. Altri esempi, su tutti, sono Villa Castello, a Bagheria, che è diventato un centro culturale da restituire alla città, o la Cittadella della Solidarietà, di Ladispoli, una vera e propria casa di associazioni, onlus e progetti solidali.

(Immagine in evidenza tratta dalla pagina Facebook della Cascina Caccia)

STORIE DI RINASCITA:

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