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Cascina Caccia: il casolare sequestrato alla ‘ndrangheta e diventato un simbolo di legalità

Dal miele al torrone: in Piemonte prodotti con il marchio "Libera Terra". E progetti con le scuole per parlare di legalità

Di Alessia Di Donato / 24/05/2024
cascina confiscata alla 'ndrangheta

CASCINA CACCIA

26 giugno 1983, domenica. Il Procuratore Capo della città di Torino, Bruno Caccia, si sta concedendo una passeggiata nella placida sera estiva. Il cane al guinzaglio, niente scorta, perché, in fondo, è domenica anche per loro, e quindi gli ha concesso un giorno di riposo. Mentre cammina si fa notte fonda, e sono le 23.30 quando viene avvicinato da una Fiat 128 di colore verde, con almeno due uomini a bordo. Quei due uomini sono due sicari del boss ‘ndranghetista Domenico Belfiore, reggente dell’omonima ndrina a capo del giro dello spaccio, dell’usura e del gioco d’azzardo nella città sabauda. Caccia muore con 14 colpi di pistola, alcuni esplosi a distanza ravvicinata, e Belfiore, pe questo, sarà condannato all’ergastolo.

Di Belfiore si sa che fosse potente, e molto ricco, che avesse le mani in pasta in ogni malaffare del Nord Italia, proprietà disseminate ovunque. Una di queste, una cascina a San Sebastiano da Po, è diventata il simbolo della rinascita, della luce della legalità contro il buio della criminalità organizzata.

LEGGI ANCHE:Forno di comunità ad Andria, un vero e proprio panificio che recupera i terreni confiscati alla mafia (Foto)

CASCINA CONFISCATA ALLA ‘NDRANGHETA

Se dovessimo raccontare la storia a ritroso partiremmo da qui, dai sigilli giudiziari che vengono infranti, legittimamente, nel 2007 dopo una battaglia patrimoniale contro la ndrina Belfiore che porta alla confisca e alla liberazione di tutti gli immobili a loro appartenuti: la cascina, a pochi km di distanza da Torino, viene liberata dall’amministrazione comunale, che la affida al Gruppo Abele, prima, e all’ Associazione ACMOS l’anno successivo, dopo una battaglia senza fine con gli stessi membri della cosca che, nonostante un decreto di confisca del 1996, hanno lasciato la proprietà solo nel 2007. Da allora il casolare, affiliato all’associazione Libera Contro le Mafie, è a disposizione della collettività, come prevede la legge, ed è divento un centro polifunzionale di incontro di saperi, esperienze e progetti diversi.  A partire dalla produzione del miele millefiori attraverso metodi rispettosi dell’ambiente e della salute delle api in un apposito apiario che conta circa cinquanta famiglie di api. Per arrivare ai tanti progetti di educazione al lavoro e alla legalità che hanno come destinatari le scolaresche della zona ma anche giovani di tutta Italia che, in estate, si ritrovano in cascina per un campeggio all’insegna dell’antimafia e della natura.

850 mq. di casolare disposti su tre piani, 24 posti letto e un fienile/auditorium, con il preciso intento di essere luogo di luce e di rinascita, di restituire un bene alla collettività, alla quale era stato usurpato.

CASCINA CACCIA TORINO

Oggi l’attività della Cascina Caccia è a 360 gradi. Da un lato c’è l’aspetto economico, con i prodotti locali, dal miele al torrone, e un emporio molto fornito. La caratteristica dell’emporio è di vendere prodotti realizzati sui beni sequestrati alle mafie. Dall’altro versante c’è l’attività didattica: corsi e laboratori per le scuole, tutti incentrati sull’educazione alla legalità.

(Immagine in evidenza tratta dalla pagina Facebook della Cascina Caccia)

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