COMINCIAMO da qui, dal fastoso Shangri La di Singapore e dal racconto di Alessandra Pavolini, general manager in viaggio per il 40 per cento del suo tempo-lavoro. Racconta che l’ultima volta e’ stato uno shock: “Niente piu’ corbeille di fiori nella hall, neppure un valletto che ti prende i bagagli, in camera una lista di raccomandazioni da colonia estiva: spegni le luci, non usare tutti gli asciugamani, tieni la temperatura piu’ alta. In bagno il deserto, con il barattolino dello shampoo che tiene solo una dose, spariti il cotton fioc e i dischetti struccanti. Sul comodino matite lunghe come un mozzicone e il bloc notes col logo ridotto a tre foglietti di carta bianca”.
Non e’ che l’hotel ha cambiato gestione; e’ che e’ arrivata la crisi. E da Singapore a Roma, da Londra a Parigi, ovunque le catene alberghiere stanno lavorando di fantasia per ridurre i costi di gestione. In Italia i numeri sono drammatici: dopo un 2008 chiuso pericolosamente, con 7,8 milioni di pernottamenti in meno, gennaio (nel confronto col gennaio di un anno fa secondo i dati dell’Aica) ha registrato la diminuzione record del 24,53%.
Mancano i turisti – quasi il 20% di americani, degli inglesi si aspetta un meno 40% – e scendono anche i businessman, con le multinazionali che diramano direttive rigidissime affinche’ viaggino il meno possibile. E dunque il settore alberghiero deve adeguarsi: bisogna abbassare i costi, e cominciare a tagliare da dove si puo’ senza che il calo delle spese colpisca troppo direttamente il sempre piu’ prezioso cliente. Ridurre il personale (che incide, secondo Federalberghi, per il 40%) sarebbe, guardando al bilancio, la strada maestra, ma a parte i riflessi sociali avrebbe un grave impatto sulla qualita’ del servizio.
Poi ci sono le spese delle utenze: luce, acqua, gas, energia; e gia’ su questo qualcuno si muove. Una primaria catena ha deciso, ad esempio, di ridurre l’irrigazione dei giardini e delle fioriere al minimo indispensabile, “non piu’ di tre volte la settimana”. Un’altra raccomanda di cambiare le lenzuola “solo ed esclusivamente ogni tre notti”. Tutti, aiutati in questo dalla nuova sensibilita’ ambientalista, pregano di usare gli asciugamani per piu’ di un giorno e tarano i termostati delle camere in modo che la temperatura sia meno alta d’inverno per risparmiare sul riscaldamento e meno bassa d’estate per non esagerare con i condizionatori.
Tagli anche alle prime colazioni: basta prosciutto crudo, yogurt economici, marmellata a consumo invece che nelle mini confezioni di vetro.
Ma il grande bacino del risparmio, non in termini assoluti, solo quello piu’ semplice da aggredire, e’ il settore delle amenities. Basta accappatoi; stop alle pantofole; addio alle creme idratanti; contenitori piu’ piccoli per shampoo, balsamo e bagnoschiuma, generi da sostituire, nel caso di presenze che si prolunghino, “solo dopo che siano stati utilizzati del tutto”; via i sottobicchieri nel bagno; i sigilli del water; kit per il cucito e kit per pulire le scarpe ridotti al minimo; via perfino il cioccolatino della buona notte. Per fortuna nell’era di internet, a parte i maniaci delle collezioni, non si accorgera’ nessuno che sono gia’ state tagliati i fogli per spedire i fax e la carta da lettere, cosi’ come le scatoline dei fiammiferi con il logo degli hotel.
“Quello che abbiamo davanti – dice Elena David, presidente dell’Associazione italiana catene alberghiere – e’ un panorama drammatico e i gruppi sono costretti a fronteggiare in qualche modo la situazione. Ben venga, dunque, la politica di tagliare i generi di cortesia cercando di salvaguardare il personale”. Anche perche’ spesso si trattava di sprechi: “Indurre un atteggiamento piu’ responsabile e sobrio e’ in linea con la sensibilita’ attuale”.
Bernabo’ Bocca, presidente di Federalberghi, aggiunge: “I dati sono di un’assoluta gravita’, c’e’ il rischio licenziamento per 150mila persone e fallimento per 13mila imprese”. E chiede al governo lo slittamento degli oneri contributivi e di prevedere la detrazione delle spese delle vacanze dalla denuncia dei redditi. Il manager Pavolini, pero’, non si rassegna: “Adesso quando entri in un hotel ti prende la depressione e corri a vedere se, insieme al comfort e’ sceso anche il prezzo”.