A Rovigo il campo solare più grande d’Europa

Il bus costeggia una lunga fila di pannelli solari. Siamo diretti all’inaugurazione del più grande impianto fotovoltaico d’Europa, realizzato dall’operatore energetico SunEdison nella provincia industriale veneta di Rovigo. Guardando dal finestrino, non mi rendo conto delle reali dimensioni del campo sinché non superiamo una strada fangosa che lo attraversa. Dietro a ciascun modulo se ne […]

Il bus costeggia una lunga fila di pannelli solari. Siamo diretti all’inaugurazione del più grande impianto fotovoltaico d’Europa, realizzato dall’operatore energetico SunEdison nella provincia industriale veneta di Rovigo. Guardando dal finestrino, non mi rendo conto delle reali dimensioni del campo sinché non superiamo una strada fangosa che lo attraversa. Dietro a ciascun modulo se ne nascondono molti altri, incolonnati sin quasi a perdersi all’orizzonte. Tutt’intorno, il sito ha l’aspetto di un cantiere aperto: ci sono mucchi di terra, ruspe immobili e montagnole di imballaggi di legno.

Ma il vero colpo d’occhio colpisce più tardi, quando ci fanno sorvolare il campo in elicottero. Sembra un grande lago immoto, con tanto di golfi e insenature, la cui superficie grigio-acciaio si increspa improvvisamente d’onde quando passiamo dal lato verso cui sono inclinati i pannelli. Sono 72 MW, 850mila metri quadrati, 4 chilometri di perimetro, 120 stadi da calcio messi uno accanto all’altro. Con 1.100 kW/h per metro quadro, l’impianto produrrà energia sufficiente a soddisfare il fabbisogno di oltre 16mila famiglie, permettendo di non immettere nell’atmosfera circa 40mila tonnellate di C2 (in altre parole, come se sulle strade italiane ci fossero in circolazione 8mila auto in meno). Lo sapevo già, ma i numeri acquistano una dimensione concreta solo alla vista del campo.

Strano giorno per visitare l’impianto, sotto un cielo nuvoloso, con i pannelli che riflettono un grigio plumbeo. La pioggia degli ultimi giorni ha trasformato il terreno in un pantano fangoso. È prevista anche una visita “terrestre” all’interno dell’impianto, ma alla fine le condizioni meteorologiche non la consentono. Viene da chiedersi perché la multinazionale SunEdison, divisione di Memc Electronic Materials, abbia deciso di costruirlo proprio qui, nel piovoso Nord Italia, anziché in qualche assolata Regione meridionale, dove l’irraggiamento e quindi l’energia prodotta sarebbero stati sicuramente maggiori.

Intendiamoci, non è che l’alternativa fosse tra costruire qui o in Puglia. Semplicemente, ci è capitata questa occasione, legata anche alla disponibilità dei terreni e delle amministrazioni locali. L’abbiamo ponderata attentamente e abbiamo deciso di coglierla”, spiega a Wired.it Liborio Francesco Nanni, direttore generale Italia di SunEdison. “ Il rapporto tra luce e temperatura è buono, l’incidenza della nebbia e di altri fattori meteorologici non è tale da incidere in misura rilevante sulla produzione energetica”, aggiunge. Sembra difficile a credersi, ma è un dato confermato anche da Maurizio Zamana di Soteca, progettista e direttore dei lavori dell’impianto: “ Qui vicino c’è una postazione meteorologica che ha rilevato un aumento delle ore di luce pari al 30 per cento nel corso degli ultimi 15 anni”.

Il terreno sul quale sorge l’impianto, poi, è a uso industriale e non agricolo (come invece accade spesso nel Sud Italia), il che pone meno vincoli al suo utilizzo.“ Abbiamo trovato inoltre la piena collaborazione delle amministrazioni locali e – mi perdoni la contraddizione in termini – un apparato burocratico molto efficiente, che ci ha aiutato a velocizzare i lavori”, conclude Nanni.

Il direttore generale non lo dice, ma forse proprio quest’ultimo elemento è stato il più importante. L’impianto è stato finanziato da SunEdison e dalla banca spagnola Santander e poi venduto alla First Reserve (società di private equity statunitense, specializzata in investimenti energetici) attraverso una joint venture con la stessa SunEdison per 276 milioni di euro. La sua realizzazione è stata una vera e propria corsa contro il tempo, portata a termine in un tempo record di appena otto mesi. Perché tanta fretta? Per usufruire degli incentivi pubblici in vigore sino alla fine dell’anno. Per gli impianti che entrano in funzione nel primo semestre 2011, infatti, i contributi statali saranno più bassi del 6 per cento, per poi scendere ulteriormente col passare dei mesi. “ A meno che non intervengano altri incentivi, già tra un paio d’anni costruire un impianto del genere non sarà più conveniente”, commenta Zamana. Comprensibile, quindi che fosse indispensabile ridurre al minimo le lungaggini burocratiche. Così, conclude Zamana, “ Il ritorno atteso per l’investimento è di 43 milioni di euro l’anno”.

D’altronde, come ricorda il ministro dello Sviluppo Economico Paolo Romani in una lettera di saluto e congratulazioni indirizzata a Carlos Domenech, presidente di Sunedison, l’iniziativa è di sensibile importanza anche alla luce della “ sfida rappresentata dalla questione energetica per l’Italia”. Una sfida determinante per la “ crescita e la competitività futura del Paese”, cui il fotovoltaico e il nucleare contribuiranno in pari misura.

 

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