Antimafia, arrestato l’imprenditore che invitava a denunciare i boss

È l’ennesimo caso di persone che fanno affari nascondendosi sotto le bandiere della lotta ai clan. Vincenzo Artale ha perfino ricevuto 250mila euro dal ministero degli Interni. E adesso si scopre che lavorava grazie ai boss.

FALSA ANTIMAFIA –

La dissimulazione è una delle armi vincenti dei clan della malavita organizzata. Sono capaci perfino di fingersi nemici dei boss, di iscriversi all’affollato club dell’antimafia, pur di fare poi nell’ombra i loro sporchi affari.

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IL CASO DELL’IMPRENDITORE VINCENZO ARTALE –

L’ultimo episodio riguarda un imprenditore del calcestruzzo, Vincenzo Artale, arrestato per un’indagine che lo vede imputato di essere diventato un ras del cemento grazie alla collusioni con la mafia. E Artale è la stessa persona che compare nel gruppo dei fondatori di un’associazione antiracket ad Alcamo, sempre presente ai convegni sulla criminalità. E grande dispensatore di appelli sulla legalità: «Bisogna avere il coraggio di denunciare la mafia. Io l’ho avuto, e dal 2006 ho denunciato il pizzo…». Grazie alla sua affabulazione, ed anche a qualche solida copertura, Artale era riuscito perfino a  ricevere un risarcimento, per le minacce subite e per il coraggio dimostrato, di 250mila euro dal ministero degli Interni. Adesso si scopre che invece il re del calcestruzzo, in realtà, è un imprenditore dalla parte dei mafiosi.

I CASI DI CARMELO MISSERIE ROBERTO HEIG –

Il suo caso arriva dopo quello di Carmelo Misseri, accusato di essere uno dei pilastri nel giro delle mazzette all’Anas, anche lui nemico dei clan, almeno a parole. E dopo il caso di Roberto Heig, presidente della Camera di Commercio di Palermo,  catturato in flagrante mentre intascava una mazzetta di 100mila euro per dare in concessione a un pasticciere uno spazio commerciale nell’aeroporto della città. Heig era un paladino nella lotta contro le estorsioni della mafia, e non perdeva un’occasione per dire che in «Sicilia bisogna schierarsi dalla parte della legalità».

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