Le dieci regole d’oro per il perfetto bike sharing

Alessio Lana Non è più sfigata neanche in Italia. L’uso delle due ruote nei giorni feriali infatti è più che triplicato negli ultimi 10 anni, passando dal 2,1 al 9% degli abitanti. Tradotto in numeri, significa che oltre 5 milioni di italiani la usano quotidianamente. Un bel salto avanti, che forse sarà incentivato dal decalogo […]

Alessio Lana

Non è più sfigata neanche in Italia. L’uso delle due ruote nei giorni feriali infatti è più che triplicato negli ultimi 10 anni, passando dal 2,1 al 9% degli abitanti. Tradotto in numeri, significa che oltre 5 milioni di italiani la usano quotidianamente. Un bel salto avanti, che forse sarà incentivato dal decalogo di Legambiente sul bike sharing. Dieci linee guida che aiuteranno le pubbliche amministrazioni ad avviare il servizio che permette di prendere in prestito la bicicletta presso una stazione apposita e lasciarla da un’altra parte. Come se fosse un qualsiasi mezzo pubblico, solo che a condurlo siamo noi.

Analisi del bisogno.
Il primo passo consiste nell’acquisire maggiori informazioni possibili per valutare la necessità di un servizio di bike sharing sul territorio. Attenzione, è necessario un coordinamento tra le diverse istituzioni coinvolte che spesso manca.

Finanziamenti.
In media si spende sui 3mila euro a bici per l’attivazione e 500 per la gestione annuale. Se non si hanno, meglio lasciar perdere.

Scelta del gestore.
 Non è facile gestire un servizio di bike sharing e ognuno deve fare il proprio lavoro. Se l’amministrazione che attiva il servizio non può occuparsene direttamente, meglio evitare costosi esperimenti e affidarsi a una ditta esterna.

Scelta del sistema tecnologico di funzionamento.
Al momento ci sono sistemi meccanici, a tessera magnetica o con codice attivabile via telefono. Il consiglio in questo caso è chiaro e diretto: “ più semplice e accessibile è, meglio è”.

Area territoriale e distanza tra le stazioni.
l’efficienza del servizio dipende da una distribuzione ampia e omogenea delle stazioni, che devono essere posizionate a una distanza massima tra i 300 e i 500 metri. Meglio metterle nei principali luoghi pubblici della città come il municipio, la posta, la scuola o la stazione ferroviaria.

Integrazione modale.
Non solo bici. Attivare il servizio significa ristrutturare il sistema dei trasporti pubblici cercando di integrare al meglio tutti i mezzi e, soprattutto, adottare un unico metodo di pagamento.

Orario di funzionamento.
Anche qui pochi giri di parole: più ampio e continuato è, meglio è.

Rapporto numero biciclette/abitanti.
Secondo lo studio, nelle città europee con più di 500mila abitanti, la media registrata è di 15,6 biciclette pubbliche ogni 10mila abitanti.

Promozione e coinvolgimento degli stakeholder.
L’unione fa la forza e il comune che vuole attivare il servizio deve tenerne conto. Un buon inizio sarebbe coinvolgere nel progetto associazioni, scuole, università e aziende presenti sul territorio. Confrontarsi con esse aiuta a capire le esigenze dei cittadini e a migliorare il servizio.

Riconoscibilità del servizio e segnaletica della mobilità ciclistica.
Le stazioni devono essere ben segnalate e le biciclette devono distinguersi nel traffico cittadino.

Chi meglio di migliaia di ciclisti possono contribuire alla pubblicizzazione del progetto tra la cittadinanza?

Legambiente ha applicato il decalogo a BikeMi, il servizio di bike sharing del Comune di Milano. " Il Bike Sharing è uno dei pochi punti di forza della mobilità sostenibile meneghina”, ha detto Andrea Poggio, vicedirettore nazionale di Legambiente, “ ma siamo ancora a metà strada: BikeMi risulta sottodimensionato e monco nel confronto internazionale e se teniamo in considerazione le aspettative e le richieste dei cittadini”. Mancherebbero infatti 600 biciclette, la segnaletica è poco riconoscibile e l’area territoriale coperta è ancora troppo piccola. No, qui non è Amsterdam, ma ci stiamo avvicinando, un pedale dopo l’altro.

 

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