Diritto alla riparazione oltre il periodo di garanzia

L'Europa spinge per ridurre i ricatti nei confronti dei consumatori e i rifiuti degli elettrodomestici cambiati troppo spesso. Ma serve una legge nazionale

diritto a riparare gli elettrodomestici
L’Europa spinge, ma non basta. Dopo il Parlamento europeo anche la Commissione ha deciso di battere un colpo e fissare dei paletti a favore del diritto alla riparazione.

DIRITTO ALLA RIPARAZIONE

Sembra un concetto generico, ma in realtà se fosse davvero applicato consentirebbe ai consumatori europei qualcosa come 12 miliardi di euro all’anno. E’ la cifra spesa per i ricambi dovuti a un’obsolescenza troppo rapida e dunque sospetta. Ognuno di noi è vittima di questo perverso meccanismo, e quando cerca di riparare un apparecchio elettronico o elettrico, si sente dire sempre la stessa cosa: “Le conviene comprarlo nuovo”.

DIRITTO ALLA RIPARAZIONE OLTRE LA GARANZIA

Nella proposta della Commissione, che deve attraversare un lungo iter, prima nell’aula del Parlamento europeo (dove sicuramente si farà sentire la lobby dell’industria dell’elettrodomestico)  e poi nei Parlamenti dei singoli paesi, compresa l’Italia, le aziende sono obbligate a riparare i loro prodotti, se questo è possibile, anche dopo i 10 anni dall’acquisto e anche se non sono in garanzia. L’obiettivo è consentire ai risparmiatori di risparmiare e ridurre i rifiuti elettronici: in Europa, secondo i calcoli dell’Unione, ci sono ogni anno 35 milioni di tonnellate di rifiuti di elettrodomestici gettati prematuramente. Da qui il diritto alla riparazione

DIRITTO A RIPARARE GLI ELETTRODOMESTICI

A questo concetto fondamentale è arrivato perfino, con enorme ritardo, il Parlamento europeo. Lo ha dovuto fare, di fronte ai numeri prodotti da una serie di ricerche scientifiche. Lavatrici, lavastoviglie, televisori, computer, condizionatori: costosi apparecchi della nostra vita quotidiana che in più del 10 per cento dei casi vengono gettati via quando hanno meno di cinque anni di vita. Si rompono, improvvisamente, e se il consumatore prova a ripararli sbatte la testa contro un muro. Pezzi di ricambio che non si trovano più, specialisti per le riparazioni che mancano, costo della riparazione superiore, almeno così viene detto, al nuovo acquisto.

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LEGGE DIRITTO ALLA RIPARAZIONE

Il «diritto alla riparazione» per gli elettrodomestici e altri apparecchi elettrici ed elettronici nasce anche dalla necessità di mettere un argine allo strapotere delle grandi aziende (innanzitutto made in Germania) di prodotti elettrici ed elettronici che hanno fatto diventare l’obsolescenza programmata un vero marchio di fabbrica, un indirizzo di politica industriale, coperto dalla complicità dei politici silenti. Chiunque di noi, in casa, può fare un piccolo test e scoprirà che la durata di un televisore, come di una lavatrice, si è molto ridotta rispetto agli anni scorsi. E ciò nonostante i passi da gigante fatti dall’innovazione tecnologica. Che significa? Semplicemente che qualcuno bara e per fermarlo non bastano protesti e appelli. Serve una legge, compresa quella che tutela il «il diritto alla riparazione». Tra le scoperte che abbiamo fatto di recente ci sono stati i magnifici smartphone della Apple, che ogni anno deve fare digerire al mercato i suoi nuovi modelli, programmati per avere una scadenza a breve termine. E dunque per essere sostituiti dalle novità annunciate in pompa magna dal quartiere generale della multinazionale americana.

Tornando al percorso della legge, il Parlamento europeo, dopo una valanga di sollecitazioni, si è deciso, nel novembre del 2020, ad approvare una risoluzione non legislativa per il «diritto alla riparazione» (in inglese «right to repair»).  Non è una legge ma poco più di una raccomandazione, un suggerimento che adesso spetta alla Commissione tradurre in norme che poi tutti gli stati membri dell’Unione dovranno applicare. Un processo lungo, con i soliti tempi da lumaca della nostra Europa. Intanto consoliamoci con il voto quasi unanime (395 favorevoli e solo 94 contrari) dei parlamentari europei, che hanno annusato il vento dell’opinione pubblica ormai molto irritata per la prepotenza dell’industria dei prodotti elettrici ed elettronici e per la diffusione della prassi dell’obsolescenza programmata. Il 77 per cento dei consumatori europei, secondo le indagini dell’Eurobarometro, preferirebbero riparare un oggetto elettrico o elettronico piuttosto che sostituirlo. E il 79 per cento chiede l’obbligo per i produttori di semplificare la riparazione di questi oggetti, a partire dalla disponibilità, da non fare venire meno, dei pezzi di ricambio.

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DIRITTO ALLA RIPARAZIONE DEGLI ELETTRODOMESTICI IN ITALIA

In attesa di norme su scala europea, si potrebbe iniziare a stringere i tempi prendendo spunto dal modo con il quale i francesi, senza stare ad aspettare le decisioni Bruxelles, hanno già introdotto di fatto il «diritto alla riparazione». In Francia tutti gli apparecchi elettrici ed elettronici devono essere forniti di un’etichetta che indica il rispettivo indice di riparabilità. Ovvero la potenzialità dell’oggetto a essere riparato e non sostituito. In Svezia sono previsti molti incentivi per riparare e non sprecare. E in tutta Europa spopolano i cosiddetti Repair Cafè.

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DIRITTO ALLA RIPARAZIONE E REPERIBILITÀ DEI RICAMBI

I criteri in base ai quali viene assegnato l’indice, che ha poi un’influenza sul prezzo (più un prodotto è riparabile, più aumenta il suo valore di partenza) sono cinque.

  • La documentazione dell’apparecchio che deve essere completa, e deve comprendere anche i punti vendita ai quali rivolgersi per l’assistenza. Nei documenti non deve mancare una lunga garanzia che attualmente nei Paesi Bassi, a fronte di un media europea di due anni, arriva a cinque anni.
  • Secondo criterio: l’accessibilità allo smontaggio. Una lavatrice, come un computer, devono essere facilmente smontabili per essere appunto riparati.
  • Poi l’accessibilità ai pezzi di ricambio, uno degli anelli più deboli della catena della riparazione.
  • E la garanzia che i pezzi di ricambio, oltre a essere sempre disponibili, abbiano anche prezzi non speculativi.
  • Infine, la specificità dell’indice di riparabilità riferita a ciascun oggetto: restando al nostro esempio, un computer, almeno in partenza, è più facile da riparare rispetto a una lavatrice.

Inutile dire che il «diritto alla riparazione» si iscrive pienamente all’interno del programma per lo Sviluppo sostenibile secondo i 17 obiettivi dell’Agenda Onu 2030: si tratta infatti di un pezzo essenziale dell’economia circolare.

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DIRITTO ALLA RIPARAZIONE E LOTTA ALL’INQUINAMENTO

Il diritto alla riparazione, una volta esercitato, può avere un impatto importante anche ai fini del surriscaldamento climatico. Come? Semplicemente perché aumentando la vita di cellulari, computer, aspirapolveri e lavatrici, si possono risparmiare milioni e milioni di tonnellate di emissioni di C02.
Partiamo dalle lavatrici, uno degli elettrodomestici che consumano di più, e che hanno una vita media intorno agli undici anni. Allungandola di un anno si risparmiano 0,25 milioni di tonnellate di C02; allungandola di cinque anni, un milione di tonnellate. Così i computer la cui vita media è molto bassa e non arriva a cinque anni. Eppure solo un anno in più, e si risparmierebbero 1,6 tonnellate di C02. Infine i cellulari che cambiamo, in media, ogni tre anni. Con un piccolo sforzo, e magari con una piccola riparazione, se aumentiamo di un anno l’esistenza attiva dei cellulari, abbiamo risparmiato, ogni anno, 2,1 milioni di tonnellate di CO2. Ricordiamo inoltre che i commercianti hanno l’obbligo di ritirare i piccoli elettrodomestici.

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