Le criptovalute rappresentano una delle forme d’investimento ad oggi più diffuse, sia in Italia che in Europa. Di contro, come in molti sanno già, hanno un determinato impatto sull’ambiente, a causa del consumo di risorse come l’acqua. Esistono però delle soluzioni che possono ridurre il carbon footprint delle criptomonete, e che meritano di essere approfondite.
I numeri sulle criptovalute in Europa
Si parte innanzitutto da un approfondimento sul boom delle criptovalute, testimoniato dai dati di settore. Secondo uno studio di BTS e Zeb Consulting, che può essere analizzato leggendo questa pagina sul sito di Bitpanda, ci troviamo di fronte ad un periodo storico decisamente favorevole alle crypto. Nel dettaglio, in Europa ad oggi sono presenti circa 25 mila miliardi di euro in asset liquidi, con una crescita che viene provata da questi numeri.
1 investitore retail su 7 possiede già le cripto nel proprio portafoglio: una percentuale che sale al 50% se si considerano gli investitori attuali e futuri con un elevato patrimonio finanziario. Va però detto che il 42% degli investitori appare dubbioso nei confronti delle criptovalute e, sebbene in minima parte, ciò avviene anche a causa dell’impatto ambientale.
Le soluzioni per una cripto ecosostenibile
Il sistema su cui si basano molte criptovalute, in particolare i Bitcoin, ha un impatto ambientale che oggi non può più essere ignorato. Bitcoin utilizza infatti un meccanismo di validazione delle transazioni chiamato “proof-of-work”, che richiede una potenza di calcolo molto elevata. Questo processo, noto come mining, comporta l’impiego di migliaia di computer specializzati e attivi senza sosta, alimentati da una quantità ingente di energia elettrica. Secondo i dati più recenti, il consumo energetico annuo della rete Bitcoin supera i 120 terawattora: una cifra paragonabile al fabbisogno di un Paese di medie dimensioni come la Norvegia.
Esistono però delle cripto che, già oggi, utilizzano dei modelli più sostenibili, ed è un fattore che – ad esempio – spinge molti investitori a comprare Ethereum e ad informarsi su questo specifico asset. Il motivo lo si spiega così: Ethereum è passata dal sistema proof-of-work al sistema proof-of-stake, noto anche come PoS. La tecnologia in questione è capace di abbattere del -99,95% il consumo delle risorse energetiche, favorendo quindi una maggiore attenzione nei confronti dell’ambiente.
Tornando al Bitcoin, alcuni studi pubblicati nel 2023 indicano che le attività di mining legate a questa crypto sono responsabili della produzione di 65 megatonnellate di CO₂ all’anno. L’utilizzo delle fonti rinnovabili rappresenta dunque una delle strade più urgenti. L’energia solare, eolica e idroelettrica può sostituire le fonti fossili per alimentare i centri di mining, contribuendo ad una riduzione notevole delle emissioni. Alcune operazioni di mining in Islanda e in Canada hanno già adottato dei sistemi alimentati da energia geotermica o idroelettrica, dimostrando che tale transizione è possibile.
Un’altra proposta concreta riguarda l’adozione delle certificazioni ambientali specifiche per l’industria delle criptovalute. Queste ultime permetterebbero di verificare e di rendere del tutto trasparenti le pratiche adottate dai vari progetti blockchain, favorendo i comportamenti sostenibili. L’adozione di standard condivisi e verificabili potrebbe anche incentivare gli investitori a sostenere le iniziative rispettose dell’ambiente, orientando il mercato verso le soluzioni cripto più responsabili.
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