Crac Veneto Banca, così si sprecavano i soldi dei risparmiatori rimasti senza un euro

Prestiti ai consiglieri di amministrazione, in palese conflitto di interesse. Attraverso figli e mogli. Soldi agli amici, e agli amici degli amici. Oppure a un elenco di vipi ai quali poi bisognava chiedere qualche favore.

CRAC VENETO BANCA –

A proposito di corruzione e di sprechi nelle banche, a danno dei risparmiatori e con i mandarini del sistema creditizio puntualmente impuniti e riempiti di bonus, di soldi, e di stipendi stellari del tutto sganciati dai risultati, l’inchiesta in corso su Veneto Banca. il cui dominus per anni, Vincenzo Consoli, è stato appena arrestato, è molto istruttiva. Diciamo paradigmatica.

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Che cosa sta venendo fuori dalle carte della magistratura inquirente? Innanzitutto che il crack di una delle banche più solide d’Italia, e più legate a un territorio ricco e dinamico, era diventata una sorta di cassa comune a disposizione di lor signori, dirigenti e amministratori delle banche, e dei loro amici e familiari. Questi signori, invece di dare prestiti a famiglie e imprese del territorio, come dovrebbe avvenire in una normale banca con i normali livelli di rischio, pensavano bene di distribuire denaro con il vizietto del favoritismo.

Guarda caso, tra i debitori di Veneto banca compaiono anche Bruno Lago e Loris Tosi in compagnia di Fulvio Zanatta, ex sindaco, cioè controllore dello stesso gruppo bancario che poi gli prestava il denaro. Oppure il consigliere di amministrazione Luigi Terzoli, che aveva affidamenti bancari attraverso l’azienda del figlio; i suoi colleghi Michele Stiz e Attilio Cralesso, titolari di crediti “incagliati”, cioè andati in fumo a danno di azionisti e obbligazionisti di Veneto Banca, per un totale di oltre 30 milioni di euro. Bella somma, non vi pare?

Ma i giochi di prestigio di Veneto Banca, arrivata sull’orlo del fallimento e salvata solo grazie a un intervento pubblico e al sacrificio dei piccoli azionisti-risparmiatori, che hanno visto azzerato il valore delle loro azioni, non finiscono qui. Consoli, che ha dovuto lasciare la banca sull’orlo del crack, nel periodo in cui era il dominus della banca si è fatto assegnare ricchi stipendi e bonus (ma per quali risultati?), è diventato un uomo ricco, e alla fine del percorso professionale è andato anche in tribunale a chiedere un maxi risarcimento, per la fine anticipata del suo rapporto di lavoro, di 3,5 milioni di euro. Soldi che potrebbe anche intascare, tutti in contanti, se qualche giudice riconoscerà come fondate le sue pretese.

Bisognerà vedere, invece, quanti soldi Veneto Banca recupererà da un lungo elenco di suoi clienti vip, che hanno beneficato dell’andazzo della banca per ottenere prestiti, come il deputato Denis Verdini, l’ex governatore del Veneto, Giancarlo Galan, gli immobiliaristi Francesco Bellavista Caltagirone e Vittorio casale, e tanti altri. Già, perché la legge dello spreco a Veneto Banca era questa: i soldi bisogna darli sempre e comunque agli amici, ai parenti, a chi è in conflitto di interessi, a chi conta e può ricambiare favori. E gli azionisti? E i risparmiatori? Se ci rimettono le penne, con il loro portafoglio, non è più un problema della banca. Ma delle famiglie di italiani normali.

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