La temperatura degli oceani continua a salire, modificando in modo sostanziale e preoccupante gli ecosistemi marini. Dagli anni Settanta il 90 per cento del calore in eccesso, intrappolato nell’atmosfera e catturato dalla CO2, è stato assorbito dagli oceani. Un terzo nello strato più profondo, fino a 700 metri, due terzi invece nei primi 80 metri di profondità. E qui sono iniziati i problemi. L’aumento medio, sempre partendo dagli anni Settanta è di 0,11 gradi Celtius a decennio: ma l’accelerazione degli ultimi anni è impetuosa. Tra il 1993 e il 2022 la temperatura media è aumentata di 0,42 gradi per decennio, in pratica quattro volte la precedente media. E nel 2023 l’aumento è stato di 0,28 gradi in appena cinque mesi. Anche le ondate di calore estremo a mare sono molto più frequenti: circa il 50 per cento in più negli ultimi dieci anni.
Ma cosa succede quando gli oceani diventano così surriscaldati? Quali sono i danni più gravi per l’ecosistema? Il primo fenomeno, molto frequente, è lo sbiancamento dei coralli. Basta un grado perché si verifichi il fenomeno e non sempre i coralli riescono a riprendersi dallo sbiancamento. Nella parte superiore degli oceani vivono la maggior parte delle specie marine: dai pesci alle balene, fino al plancton. E per loro aumentano i rischi di sopravvivenza.
Poi ci sono gli effetti sugli eventi stremi, gli uragani, i cicloni tropicali e le tempeste. Con queste temperature così alte possono raggiungere facilmente la categoria 4 o 5 della scala Saffir-Simpson, e si manifestano con più intensità e violenza. Infine, l’acqua calda occupa più spazio di quella fredda, e così si registra un innalzamento del livello degli oceani: circa otto decimi di millimetro ogni anno, solo dal 1971 al 2010. E da allora la situazione climatica non ha fatto altro che peggiorare.
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