«Zitta e vai in cucina». Quante donne che subiscono violenza domestica, una violenza sottile, psicologica, invisibile ma devastante, conoscono questa frase! È il simbolo di un dominio che lavora in silenzio, sgretola l’autostima, annulla l’identità, svuota. Parole capaci di ferire quanto, e talvolta più, di un colpo. La risposta? Andarci davvero, in cucina. Ma per rinascere.
Ed è proprio da quella frase, così comune e così tossica, che Nicoletta Cosentino ha deciso di ripartire. Palermitana, un passato di isolamento e controllo all’interno del matrimonio, Nicoletta arriva nel 2015 al centro antiviolenza Le Onde ONLUS senza ancora trovare il coraggio di definirsi vittima. «Non avevo vissuto violenza fisica, facevo fatica a percepirmi come vittima», racconta. «L’abuso psicologico viene mascherato da amore e protezione, tanto da diventare invisibile perfino a chi lo subisce».
Il suo percorso è lungo, complesso: gruppi di aiuto, percorsi con professioniste, e soprattutto la possibilità di tornare a mettersi in gioco. Proprio Le Onde le offrono un tirocinio in un laboratorio di dolci e conserve. Un’esperienza che le permette di riscoprire la passione per la cucina, ma anche l’indipendenza economica e la sua autostima. È lì che nasce la scintilla: proporre ad altre donne ciò che aveva aiutato lei a ricominciare.

L’idea del laboratorio prende forma nel 2017. «Il nome è da subito al plurale: Cuoche combattenti. Perché così volevamo sentirci: non vittime, ma combattenti», spiega Nicoletta. Il Centro antiviolenza l’accompagna anche nella stesura di un business plan e in un percorso di imprenditorialità femminile grazie al quale ottiene un microcredito. Anche la Rete Donne contro la violenza si attiva per sostenerla. Con questi due finanziamenti si avviano i lavori del laboratorio, che apre ufficialmente nel settembre 2019. Il primo Natale è un successo sorprendente!

Oggi, nel laboratorio, lavorano diverse donne, Nicoletta compresa. C’è chi, come lei, porta sulle spalle il peso di una storia di violenza e chi arriva da lontano, come le migranti nigeriane che hanno trovato in questo spazio un approdo sicuro. Ognuna entra con un passato complesso e fragile, ma qui quel passato comincia lentamente a trasformarsi. Le giornate scorrono tra pentole, profumi e gesti antichi: si preparano salse, creme, confetture e conserve seguendo ricette della tradizione siciliana, utilizzando solo ingredienti acquistati da piccole realtà agricole della zona. Una scelta che costruisce una filiera etica, radicata nel territorio e capace di restituire dignità e valore a chi lavora.
Ma ciò che rende davvero unici quei barattoli sono i testi. Le etichette, create da Nicoletta pensando al proprio passato e a quello di tante altre donne, parlano a chi le legge con frasi che sanno di verità e liberazione:
- «Tu vali e sei sempre libera»
- «L’amore non ammette minacce, mai»
- «Chi ama non ti critica continuamente»
- «Senza paura, sei molto più bella».
Parole semplici ma potenti, che rompono il silenzio e invitano a riconoscere ciò che spesso resta nascosto sotto la superficie della vita quotidiana. Per molte, questi piccoli vasetti diventano molto più che prodotti da cucina: sono strumenti di consapevolezza, messaggi che viaggiano di casa in casa, promemoria necessari per ricordare che la normalità non dovrebbe mai somigliare alla paura.
Sulla loro pagina Facebook le Cuoche raccontano spesso storie di rinascita: la prima giornata di lavoro retribuito dopo anni di dipendenza economica, la paura di firmare un contratto (“non sono capace, non lo merito”), il sorriso di chi scopre di saper creare qualcosa con le proprie mani. Piccoli momenti, che però sono rivoluzioni.

(Immagine di copertina e a corredo del testo tratto dalla pagina Facebook di Cuoche Combattenti)
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