Abbiamo 450 caserme, ma ne basterebbero 15

Costi di gestione insostenibili che non consentono un’ottimizzazione delle risorse. Torniamo a parlare di sprechi con lo sperpero di denaro pubblico che, questa volta, coinvolge le forze armate e in particolar modo le caserme. LEGGI ANCHE: Volano le spese per le armi. Ma servono? “In Italia ce ne sono addirittura 450 quando basterebbero solo 15 […]

Costi di gestione insostenibili che non consentono un’ottimizzazione delle risorse. Torniamo a parlare di sprechi con lo sperpero di denaro pubblico che, questa volta, coinvolge le forze armate e in particolar modo le caserme.

LEGGI ANCHE: Volano le spese per le armi. Ma servono?

In Italia ce ne sono addirittura 450 quando basterebbero solo 15 basi a ridosso dei poligoni per l’addestramento”: a dirlo non è un’associazione pacifista ma il generale Claudio Graziano, comandante in capo dell’esercito, in un’intervista riportata su l’Espresso.it. In particolare, Graziano sottolinea che “la dismissione delle caserme potrebbe dare risorse pari nel tempo a 4-5 miliardi di euro e creare un’occasione di sviluppo per il Paese”.

I tagli non coinvolgono però solo le caserme. La spending review coinvolge infatti anche l’esercito che vive attualmente una fase di radicale trasformazione. “Oggi sulla carta l’Esercito ha 112 mila uomini e donne. Nel 2016 per effetto della spending review saremo 100 mila; poi entro il 2024 scenderemo a circa 90 mila. E’ un processo di riduzione complesso perché vogliamo salvaguardare le legittime aspettative del personale fulcro della forza armata ma che porterà dei risparmi che si tradurranno in addestramento ed equipaggiamenti cioè in capacità di operare allo stesso livello degli ultimi anni in un quadro finanziario sfavorevole” continua il comandante.

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E a chi si chiede se i tagli permettano di continuare a gestire al meglio le missioni, Graziano risponde che “l’esigenza è quella di avere 40 mila giovani, di ogni categoria, idonei all’impiego e costruire un’offerta che invogli ad arruolarsi. Il successo nelle missioni è avvenuto perché avevamo personale di qualità. Quindi da un lato è necessario assegnare il personale più giovane ai reparti operativi e poi garantire il passaggio graduale a compiti meno gravosi. Dall’altro è necessario introdurre dei processi che rendano possibile il transito del personale meno giovane presso altre amministrazioni dello Stato”.

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