Mille leggi e zero ricostruzione: il fallimento del dopo terremoto a L’Aquila

Sono passati 4 anni dal terremoto a L’Aquila, da quella terribile notte del 6 aprile 2009 quando la terra tremò portando morte e distruzione nel capoluogo abruzzese e in 56 comuni vicini. Quattro anni dopo il sisma, L’aquila fatica ancora a rinascere e si presenta come una città in lenta ricostruzione stretta tra i grovigli […]

Sono passati 4 anni dal terremoto a L’Aquila, da quella terribile notte del 6 aprile 2009 quando la terra tremò portando morte e distruzione nel capoluogo abruzzese e in 56 comuni vicini.

Quattro anni dopo il sisma, L’aquila fatica ancora a rinascere e si presenta come una città in lenta ricostruzione stretta tra i grovigli dei ponteggi che avvolgono l’intero centro storico. Ma non solo quelli.

Come scrive Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera, i soldi per la ricostruzione tardano ad arrivare e questo anche a causa di una burocrazia da incubo: troppi decreti, troppe ordinanze, leggi varie e direttive per un totale, non definitivo, di 1.109 disposizioni.

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Certo le regole sono indispensabili per poter portare avanti la ricostruzione della città in maniera adeguata: come abbiamo potuto vedere, leggere e sentire non c’è occasione che offra opportunità di affari e arricchimento quanto un terremoto. Senza contare il rischio di eventuali infiltrazioni mafiose. Ma forse quelle di cui hanno tenuto il conto l’ingegnere Franco Ruggeri e i suoi colleghi: 5 leggi speciali, 21 direttive del commissario vicario, 25 atti delle strutture di gestione dell’emergenza, 51 atti della struttura tecnica di missione, 62 dispositivi della Protezione civile, 73 ordinanze della Presidenza del Consiglio dei ministri, 152 decreti del commissario delegato e 720 ordinanze del Comune non saranno un pò troppe?

Il risultato di questo delirio di norme è che i soldi non arrivano e tutto rimane uguale a un anno fa, a due anni fa, a tre anni fa, a quattro anni fa.

Per partire davvero con la ricostruzione del centro storico sarebbero necessari almeno un miliardo l’anno da qui al 2019 ma per ora, come evidenzia il sindaco Massimo Cialente: “non sono arrivati neanche i 985 milioni stanziati dal Cipe a fine dicembre”.

E mentre il centro storico è sempre più aggrovigliato dai ponteggi, dai soldi che mancano e dalle leggi che invece fioriscono a dismisura, i giovani lasciano la città.

Se non ci danno i soldi per ricostruire, nel 2016 non ci saranno neanche 40mila abitanti, qui resteranno solo vecchi e dipendenti pubblici: nell’ultimo anno se ne sono andate 6mila persone”.

E intanto le persone ancora assistite sono 22.206 di cui 12.318 vivono nelle C.a.s.e. (Complessi antisismici sostenibili ecocompatibili), 2.700 in moduli provvisori e 240 in abitazioni del Fondo immobiliare. Gli altri 6.686 aquilani rimasti senza un tetto ricevono invece un “contributo autonoma sistemazione”.

Altri 259 sono alloggiati in varie strutture ricettive come i 116 che vivono ancora a Coppito, uno dei centri colpiti maggiormente dal terremoto e dove vi è quella grande caserma dove per tre giorni furono accolti Barack Obama e gli altri grandi del G8 per i quali furono spesi 24.420 euro di accappatoi, 26mila per 60 penne in edizione unica di Museovivo e ben 22.500 euro per 45 ciotoline portacenere in argento firmate Bulgari.

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