La difesa della vita

QUELLA alla Casa Bianca sara’ una transizione rapida, considerando l’intensita’ della crisi economica e l’urgenza di chiudere una fase troppo lunga di “vuoto di potere” che si respira dalle parti di Washington. Diversi osservatori si aspettano anche, tra i primi provvedimenti di Barack Obama, una decisa inversione di tendenza rispetto alla stagione Bush sui temi […]

QUELLA alla Casa Bianca sara’ una transizione rapida, considerando l’intensita’
della crisi economica e l’urgenza di chiudere una fase troppo lunga di “vuoto di
potere” che si respira dalle parti di Washington. Diversi osservatori si
aspettano anche, tra i primi provvedimenti di Barack Obama, una decisa
inversione di tendenza rispetto alla stagione Bush sui temi che in Europa
definiamo eticamente sensibili. Ma sbaglia di grosso, e forse non in buona fede,
chi pensa che il nuovo presidente degli Stati Uniti sia, per esempio, un
sostenitore dell’aborto. Semmai, e’ vero il contrario. Obama nel suo programma
elettorale parla in modo esplicito di “campagne di educazione e di prevenzione
per ridurre il piu’ possibile il numero di aborti”. Il presidente appena eletto
considera “uno scandalo e una vergogna” il fatto che nel mondo, ogni anno, si
contano 41,6 milioni di aborti dei quali 35 nei paesi in via di sviluppo e 6,6
nelle economie piu’ avanzate. Numeri che fotografano una tragedia planetaria di
vite sprecate. Inoltre, considerando anche le sue origini, Obama e’ anche
consapevole di quale profonda disparita’, Nord e Sud del mondo, ricchi e poveri,
ci sia dietro le cifre dell’Organizzazione mondiale della Sanita’. Nella sua
Africa, 16 donne su 1000 sono ricoverate per gravi complicazioni in seguito in
seguito a quelli che le statistiche, freddamente, catalogano come “aborti
insicuri”. La strage, insomma, ha una sua evidente distribuzione geografica,
rispetto alla quale solo l’indifferenza e gli occhi foderati con la carta velina
dei luoghi comuni, possono consentirci di restare muti e fermi. O magari di
urlare soltanto slogan, laddove servirebbe innanzitutto responsabilita’. Perfino
in Italia, gli aborti ufficiali si traducono nella maggioranza dei casi in un
problema di donne povere, o comunque con redditi molto bassi: una su tre ha la
cittadinanza straniera. Immigrate. E, tornando all’America, un presidente che ha
impostato la lunga cavalcata verso la Casa Bianca sull’idea-guida del
cambiamento, sull’entusiasmo per il futuro, e quindi sulla riduzione degli
attuali squilibri, compresi quelli relativi alla diffusione degli aborti, non
potra’ non difendere la vita. Per tutti. Dentro e fuori i confini degli Stati
Uniti d’America. (www.nonsprecate.it)

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