Il nostro futuro e’ la chimica verde

Luigi Dell’Aglio   Al professor Luigi Campanella, dal 1° gennaio scorso ex presidente della Società chimica italiana, capita anni fa di partecipare a un convegno il cui tema è una sfida per la scienza: la datazione della Sindone. «Mi chiesi perché su questo straordinario problema si fossero impegnate solo la fisica e la biologia, e […]

Luigi Dell’Aglio

 

Al professor Luigi Campanella, dal 1° gennaio scorso ex presidente della Società chimica italiana, capita anni fa di partecipare a un convegno il cui tema è una sfida per la scienza: la datazione della Sindone. «Mi chiesi perché su questo straordinario problema si fossero impegnate solo la fisica e la biologia, e non la chimica. Mi misi al lavoro. In un anno di studio e di sperimentazioni molto dure, con i miei collaboratori riuscimmo a realizzare e testare un metodo di datazione chimico, e ad applicarlo a campioni di tessuto». Era basato sulle modificazioni molecolari, e sulle reazioni chimiche che ne sono influenzate. Passano gli anni e, in un convegno ad hoc sulla Sindone, Campanella, che è ordinario di Chimica alla Sapienza di Roma, nota che quel metodo viene ufficialmente citato con risalto come lavoro "della chimica"». «Allora ho capito ancora una volta perché avevo scelto la carriera del ricercatore e del professore universitario in questa disciplina».

Professore, quando è avvenuto il colpo di fulmine, nel suo rapporto personale con la chimica?
«I colpi di fulmine sono due: il primo per la scienza in generale, il secondo per la chimica. Anch’io ho giocato al "piccolo chimico". Ma proprio il gioco, in un primo tempo, mi stava allontanando dalla chimica, che non è un gioco né una magia, come a volte si sente dire».

Quando si è appassionato a questa scienza?
«Quando ho capito che la chimica permette di creare sempre nuove molecole senza alcun limite, se non quello rappresentato dalle leggi scientifiche. Inoltre mi ha affascinato il fatto che la chimica offra la possibilità concreta di aiutare i più poveri e i più deboli a vivere meglio, in termini di salute, alimenti e ambiente».

La chimica non suscita grandi entusiasmi. Perché?
«L’immagine più diffusa che se ne ha è quella di una tecnologia dal volto minaccioso. La parola "chimica" rimanda subito ad attività industriali pericolose. Tossicità chimica, rischio chimico, veleni chimici: questo è il messaggio che circola nei mass media. Resta in ombra l’altra immagine, quella positiva: una chimica "buona", alleata dei cittadini e promotrice della qualità della loro vita. Mai si parla di protezione chimica, vigilanza chimica, sicurezza chimica. Oggi le cose sono un po’ migliorate. Da un lato, gli sforzi della comunità chimica hanno prodotto alcuni risultati in fatto di immagine; dall’altro, le tecnologie sono più sicure, le emissioni meno tossiche; vengono sempre più allertati efficaci sistemi di sicurezza, con filtri e correttivi "di assoluta garanzia"».

La chimica, si sente dire, non suscita interesse neanche a scuola. Forse desta un "timor reverentialis" anche perché esige uno studio severo?
«Non credo che le cose stiano così e lo dico a buona ragione perché trascorro con gli studenti delle scuole secondarie una parte del mio tempo. Il timore reverenziale, che ancora persiste in alcuni di loro, è stato in parte sostituito da un’attenzione nuova. Sono direttore del Museo di chimica della Sapienza di Roma e le visite scolastiche sono sempre più frequenti. I giovani risultano attratti e partecipano. Anche nell’insegnamento vengono continuamente introdotti elementi di novità capaci di stimolare l’interesse degli studenti. Prima di tutto, si cerca sempre più di mettere la chimica in rapporto con la vita di tutti i giorni. È una filosofia molto seguita all’estero. Si pensi che negli Emirati Arabi, in tutti i corsi di laurea, la chimica viene insegnata come prima materia perché considerata la disciplina più vicina alla conoscenza della vita e dei suoi differenti aspetti. Certo la "chimica verde", cioè la chimica in cui la vocazione filo-tecnologica si sposa con quella filo-ecologica, ha agevolato questo processo di avvicinamento, ma credo che, complessivamente, sia il mutato rapporto con i cittadini ad aver cambiato anche l’approccio con i giovani».

Un appuntamento come l’Anno internazionale della chimica riuscirà a mettere in luce il ruolo chiave di questa disciplina?
«L’Italia non può che trarre vantaggio da questo appuntamento. Da noi la chimica è spesso trattata da cenerentola. Si possono citare esempi di commissioni ministeriali in cui si fanno valutazioni o si discute di questioni di scienza e manca la presenza del chimico. Con grande sorpresa delle comunità scientifiche straniere. La speranza è che ora negligenze e distrazioni finiscano. È stata siglata una convenzione fra ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca, Società chimica italiana e Federazione dell’industria chimica, proprio per celebrare di comune intesa questo evento. Speriamo sia un buon segnale».

Su quali principi tecnologici corre l’innovazione nella chimica?
«La nuova chimica punta sulle condizioni blande di reazione, sulla prevenzione di reazioni secondarie, sul riciclo degli scarti di un processo che diventano materia prima di un altro processo. Vorrei anche ricordare la cosiddetta "economia atomica". Si tratta di elaborare processi produttivi per i quali il maggior numero possibile di atomi dei reagenti venga ritrovato nei prodotti finali. Si riducono così perdite ed emissioni e aumentano efficienza e rendimento. La chimica è la scienza più alleata dell’uomo. Con nuovi farmaci combatte le malattie, con nuove tecnologie affronta l’inquinamento, con sistemi di monitoraggio innovativi ed attivi in tempo reale è impegnata nella lotta  contro la sofisticazione e l’adulterazione degli alimenti».

Dell’Aglio

 

 

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