Punta de Rieles, il carcere modello uruguaiano che sembra una cittadina. Senza sbarre

A 15 km da Montevideo c'è una struttura detentiva dove i prigionieri sono liberi di lavorare, studiare e di muoversi all'interno del perimetro del carcere. Molti di loro avviano un impresa, altri si laureano. Giocando alla Playstation e ascoltando la cumbia

prigione modello uruguay

Un carcere modello, un carcere “aperto”, dove davvero chi è recluso può conquistare la consapevolezza di avere un’altra possibilità per non sprecare la propria vita. Non siamo in un paese dell’Europa del Nord, o in qualche stato americano molto avanzato sulle politiche giudiziarie: siamo a Montevideo, in Uruguay, in un lembo di quel Sud America dove spesso le carceri sono dei veri e propri inferni dei vivi.

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PRIGIONE MODELLO URUGUAY

Siamo nel centro di detenzione di Punta de Rieles, e Luis Parodi, il direttore, ha in mente un obiettivo ambizioso: quello di rendere l’istituto di detenzione più simile possibile al mondo esterno, una città nella città, dove scorrazzano cani e maiali e polli allevati dai detenuti. L’unica cosa che ricorda ai prigionieri che stanno scontando una pena detentiva è la presenza di quattro torri di avvistamento e del filo di spinato che le avvolge, eredità del centro detentivo femminile in funzione durante la dittatura uruguaiana.

E poi, le guardie: civili, disarmate, un centinaio, prevalentemente donne. Tutte con poche esperienze nell’ambito delle carceri, come Lourdes, 35 anni e una laurea in psicologia. I rapporti dei detenuti, 500 e tutti uomini, con le guardiane sono però molto rispettosi, e se qualcuno esagera, viene presto rimesso al suo posto dagli altri. Che con le guardie hanno un rapporto particolare, e benevolo, sentendosi rassicurati e protetti, come assicurano molti di loro in un reportage sul quotidiano Perfil: “La relazione è molto diversa da quella che abbiamo con la polizia; non ci trattano come animali ”, dicono. E d’altronde, a Punta de Rieles, la polizia interviene solo in rare situazioni di emergenza.

Obiettivo dell’amministrazione è creare per i detenuti, una routine giornaliera positiva e un ambiente tranquillo: I prigionieri vanno e vengono liberamente per i vicoli, dalle celle al cortile, dalla biblioteca alla mensa, senza altri limiti oltre all’ampio recinto perimetrale. nelle strutture che ospitano le celle, la cumbia è a tutto volume, sembra più un collegio per adolescenti difficili, che una prigione. Le porte rimangono aperte, giorno e notte, si gioca alla PlayStation e i detenuti mantengono  il contatto con le famiglie grazie all’uso totalmente gratuito del telefono cellulare. A poco a poco, i prigionieri che in questa prigione modello ridono e giocano, elaborano la violenza eccessiva e i trattamenti umilianti ricevuti durante i loro trascorsi, in altre prigioni e fuori.

prigione modello uruguay

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PUNTA DE RIELES MONTEVIDEO

Molti di loro, infatti, hanno alle spalle reati contro le proprietà, rapine, crimini legati alle gang o a un mondo che della violenza fa la sua cifra: come Julio, in prigione da più di dieci anni per spaccio di cocaina e rapina a mano armata. Quando è arrivato a Punta de Rieles non sapeva usare nemmeno il pc. Oggi, invece, gestisce una fabbrica di blocchi di cemento all’interno del perimetro del carcere. Ha tanti clienti e tante commesse, e, addirittura ha imparato, col pc, a tenere la sua contabilità.

O come Rey, 34 anni, condannato per piccoli crimini di vandalismo e reati contro la proprietà, che si è iscritto all’Università. Ogni mattina sale in bicicletta, oltrepassa le porte della prigione e percorre i venti chilometri che lo separano dall’Università di Montevideo, dove studia ingegneria. Spesso, però, deve saltare il pranzo perché l’amministrazione carceraria non riesce a pagarglielo, e lo stesso accade per libri e materiale didattico. Punta de Rieles, infatti, come ammette il direttore, non ha grandi fondi, si basa perlopiù su un budget minimo e sulla contribuzione dalle attività dei detenuti. 

La formula proposta da Punta de Rieles sembra funzionare: i codici carcerari tradizionali vengono infranti, e ci si saluta, ci si tocca, ci si abbraccia. 

Entrarci, però, ha un prezzo:requisito essenziale è impegnarsi a lavorare o studiare. Oltre allo stipendio, i detenuti ogni due giorni di lavoro o di studio scontano un giorno di detenzione.

Questo carcere uruguayano è assolutamente un modello da imitare, dove il senso della pena, la riabilitazione alla vita civile e associata, viene interamente rispettato. A Punta de Rieles la violenza si attenua,  i sorrisi ritornano, come la fiducia nel futuro e in una vita senza sbarre, una seconda possibilità che i detenuti sapranno affrontare con una pelle nuova.

(Immagine in evidenza e a corredo del testo tratta dal quotidiano Perfil // Photocredits Perfil-CEDOC)

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