Allarme hi-tech, l’Italia arranca

Non è più quell’enorme formicaio di “geek” con lo zainetto sulle spalle e giovanissimi smanettoni a caccia dell’ultimo gioiellino tecnologico che era sul finire degli anni ‘90. In ogni caso lo Smau (nacque come “Salone macchine e attrezzature per ufficio”) di Milano, giunto alla quarantesettesima edizione – seicento espositori, 300 seminari, 100 anteprime di prodotti […]

Non è più quell’enorme formicaio di “geek” con lo zainetto sulle spalle e giovanissimi smanettoni a caccia dell’ultimo gioiellino tecnologico che era sul finire degli anni ‘90.

In ogni caso lo Smau (nacque come “Salone macchine e attrezzature per ufficio”) di Milano, giunto alla quarantesettesima edizione – seicento espositori, 300 seminari, 100 anteprime di prodotti e servizi e un pubblico, da oggi fino alla chiusura del 22 ottobre, di oltre 50 mila persone – continua ad essere un punto di riferimento per tutto il settore dell’Information and Communication Technology. E un ottimo punto di osservazione per capire come sta l’Italia dell’informatica. I dati presentati questa mattina, in occasione dell’inaugurazione della fiera, da Andrea Rangone, responsabile degli Osservatori del Politecnico di Milano, descrivono un Paese ancora in bilico.

Soprattutto se confrontati a quelli della “locomotiva tedesca”: la spesa in ITC rappresenta appena l’1,9% del Pil (Ogni italiano spende in Information Technology 315 euro all’anno, contro gli 880 di un tedesco), ci sono 57 Pc ogni 100 abitanti (in Germania sono 84) e solamente il 39% delle famiglie, e il 54% delle imprese, possiede una connessione Internet a banda larga (In Germania le percentuali sono del 56%, per le famiglie, e dell’84%, per le aziende).

«Vogliamo agevolare il cambiamento culturale perché le nostre aziende diventino più permeabili all’innovazione – ha confermato Pierantonio Macola, amministratore delegato della fiera -. Le imprese italiane comprano ancora poco, quanto a soluzioni Ict, rispetto a quelle europee». I numeri parlano chiaro: ogni azienda italiana usa in media 0,7 Pc fissi e 0,3 computer portatili per ogni addetto. Le Pmi italiane, per dirla con uno studio del Politecnico di Milano, non sono ancora “digitalmente mature”: il livello medio nazionale è cresciuto da 40/100 a 49/100 negli ultimi tre anni, ma la sufficienza è ancora lontana.

I problemi, purtroppo, sembrano sempre gli stessi. Il primo è proprio quello della banda larga. «Pubblico e privato devono fare sistema perché il nostro Paese non può più rimandare l’investimento sulla fibra ottica – ha spiegato David Bevilacqua, amministratore delegato di Cisco, durante il convegno d’apertura di Smau -. Inoltre le imprese devono capire fino in fondo che la tecnologia non va trattata come un prodotto, ma come un volano per il loro business». «L’Italia ha bisogno di un New deal digitale» ha ribadito Nicola Ciniero di Ibm.

Il nodo, però, più che culturale, sembra essere politico e industriale. Lo dimostrano i mercati digitali consumer (Ovvero tutti quei mercati basati sulle piattaforme digitali e rivolti al consumatore finale): l’e-commerce è cresciuto del 15% (siamo a 5,42 miliardi di euro), la pubblicità del 20% (1,6 miliardi compresi i 550 milioni delle tv digitali) e l’acquisto di contenuti e servizi digitali del 7% (4,5 miliardi di euro). Complessivamente questi segmenti valgono 11,5 miliardi di euro, il 13% in più rispetto al 2009.

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