Vite sprecate. Afghanistan: “il giorno in cui ho perso l’innocenza”

Ricordo molto bene il giorno in cui ho perso l’innocenza. accaduto sedici anni fa, quando ne avevo solo cinque. Gia’ di prima mattina faceva molto caldo. Mia cugina Roshan era venuta a trovarci e stava aiutando mia madre a preparare il pranzo, mentre io giocavo con le mie due sorelle, una di tre anni e […]

Ricordo molto bene il giorno in cui ho perso l’innocenza. accaduto sedici anni fa, quando ne avevo solo cinque. Gia’ di prima mattina faceva molto caldo. Mia cugina Roshan era venuta a trovarci e stava aiutando mia madre a preparare il pranzo, mentre io giocavo con le mie due sorelle, una di tre anni e l’altra di appena uno.

Mia nonna si precipito’ nella stanza in preda al panico. Era agitatissima. Un gruppo di Mujaheddin stava attaccando Farah, la nostra citta’. Mia nonna voleva che scappassimo senza indugio. Mia madre non voleva fuggire. Disse alla nonna che saremmo state piu’ al sicuro a casa nostra. Ma mia nonna si fece quasi isterica. “Se non andate via mio figlio e i miei nipoti verranno uccisi. Dovete lasciare subito questa casa e la citta’”, urlava.

Mia madre aveva paura di mettersi in viaggio. Poco dopo la nascita della sorellina piu’ piccola, era stata operata. Soffriva di mal di schiena e aveva forti dolori ai piedi. Non si era mai rimessa del tutto. Comunque, alla fine, acconsenti’ a mettersi in cammino. Prese un cesto con qualche vestito per la mia sorellina piu’ piccola e un recipiente di acqua. Noi avevamo solo i vestiti che indossavamo.

Partimmo a piedi, mia madre, mio padre, mia cugina con la bambina piu’ piccola, la mia sorellina di tre anni ed io. Eravamo poveri e non avevamo un mezzo di trasporto. Per raggiungere il deserto da casa nostra impiegammo circa un’ora, ma sembro’ molto di piu’.

Dopo un po’ vedemmo una moschea. Mio padre disse “Andremo alla moschea e Dio ci terra’ al sicuro perche’ e’ la casa di Allah” Non eravamo entrati da molto quando, guardando fuori dalla finestra, vidi un carro armato con dei soldati, che sembrava avere come obiettivo proprio la moschea. Corsi subito a riferire a mio padre del carro armato che stava per fare fuoco sulla moschea. Mio padre corse a vedere dalla finestra. In pochi secondi fece uscire tutta la famiglia e ci fece allontanare dalla moschea e dal carro armato. Dopo appena qualche minuto, gli uomini sul carro armato fecero fuoco sulla moschea, che venne completamente distrutta. Ringraziammo tutti Allah per averci salvati.

Ricordo i missili e le bombe. Le esplosioni erano le loro voci. Camminare nel deserto era difficile e dovevo andare veloce per rimanere al passo con la mia famiglia. Persi le scarpe. Gli altri presero a correre e correre. Forse trascorsero solo pochi minuti, ma per me, a cinque anni, sembro’ molto di piu’. Rimasi indietro rispetto agli altri. Non era ancora buio ma non so perche’, in un secondo, di pomeriggio, persi la mia famiglia. Iniziai a piangere. Piangevo e chiamavo mia madre e mio padre: “Dove siete?”

Poi, tra le lacrime, vidi il fuoco. Ne rimasi sorpresa: non sapevo neppure cosa fosse. All’improvviso, mio padre mi venne accanto. Mi tiro’ dentro un buco e restammo li’, a terra, per essere al sicuro dai missili che ci passavano sopra la testa.

Erano trascorse solamente cinque ore da quando avevamo lasciato la nostra casa. Non sapevamo quanto ancora saremmo rimasti fuori o come sarebbe finita quella giornata. Mia nonna non era venuta con noi. Era andata a vedere se mia zia – sua figlia piu’ giovane – stava bene e a dirle che avevamo abbandonato casa nostra. Camminavamo nel deserto, eravamo preoccupati per mia nonna. Nonostante la paura, avevamo tutti molta fame. Ricordo che stavo morendo di fame, ma cercavo in ogni modo di non lamentarmi.

Avevamo lasciato la casa al mattino. Gli spari di quella giornata cessarono che era notte. Solo allora riprendemmo il cammino verso casa. Una volta tornati casa, mia madre era molto debole per tutta quella sfacchinata, ma almeno l’intera famiglia era viva.

E io ero cambiata, era bastato un solo giorno. Prima di quel momento non mi rendevo conto di come stavano le cose. Non sapevo di essere nata in un mondo di guerra, o che sarei cresciuta con il suono delle esplosioni o del lancio dei missili, o che ancora oggi avrei sentito parlare di quanti hanno perso la vita in questa guerra. Ma dentro di me c’e’ la speranza che un giorno anche noi vivremo come la gente di altri Paesi, dove c’e’ pace invece che guerra.

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