Economia circolare: un mondo senza sprechi. Tutto si può riusare, con grandi risparmi

È un vero cambio di paradigma: basta con l’usa e getta. Solo per i beni durevoli in Europa si possono così risparmiare 380 miliardi di dollari l’anno. Intanto l’80 per cento degli imballaggi finisce nella spazzatura.

ECONOMIA CIRCOLARE –

Nulla si distrugge, tutto si trasforma”: la legge della conservazione, scolpita da Laurent de Lavoisier, chimico ed economista, appartiene ai pensieri forti della stagione dell’Illuminismo. E oggi torna di attualità come incipit all’economia circolare che si sta affermando come paradigma di un nuovo modello di sviluppo. Ma innanzitutto di un nuovo modo di produrre e di consumare. Non più, come dicono gli anglosassoni “cradle to the grave”, dalla culla alla tomba, ma “cradle to cradle”, ovvero dalla culla alla culla.

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ECONOMIA DEL RIUSO –

La prima spinta propulsiva all’economia circolare arriva dalla parola più richiesta sui motori di ricerca di tutto il mondo: risparmiare. Ne abbiamo bisogno come sistema globale e come singoli cittadini, come stati e come organizzazioni sovranazionali. La Giornata Mondiale dell’Ambiente 2015, è stata appena celebrata con l’appello dell’Onu a “consumare con moderazione”. Che significa non sprecare, a partire da quelle risorse naturali che bruciamo in una percentuale di quasi il 40 per cento in più della loro capacità di autoriproduzione. Ogni italiano, in media, elimina dove può venti chilogrammi l’anno di spazzatura elettronica, talvolta gettata perfino nelle strade o nelle discariche, ma allo stesso tempo nelle nostre case marciscono inutilizzati 8 elettrodomestici a famiglia. E ciascuno di questi è composto per il 95 per cento da materie prime recuperabili. La McKinsey ha calcolato che se fossero recuperati I materiali del manufatturiero mondiale, ci sarebbe un risparmio per questo settore, per acquisti di materie prime, pari a 630 miliardi di dollari l’anno. E ancora, secondo la Fondazione Ellen MacArthur l’economia circolare per i soli beni durevoli porterebbe nei paesi della Ue  a una riduzione dei costi di produzione pari a 380 miliardi di dollari, più del 3 per cento del pil europeo che tutti vorremmo vedere in crescita. Non a caso, il prossimo 25 giugno a Bruxelles la Commissione europea presenterà i risultati di un sondaggio tra i cittadini che servirà da piattaforma per un piano d’azione sull’economia circolare da approvare entro la fine dell’anno.

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IMPORTANZA DEL RIUSO –

Ma i rifiuti elettrici ed elettronici sono solo un anello della catena della dispendiosa e sprecona economia orizzontale entrata in corto circuito. I cittadini dell’Ocse acquistano 800 chili di cibi e bevande, 20 chili di scarpe e vestiti: il tutto imbottito di 120 chili di imballaggi che per l’80 per cento diventano spazzatura. Assurdo. L’economia circolare, invece, sostituisce alla sottocultura dell’usa e getta I cosiddetti “consumi moderati”, cioè davvero utili e necessari anche quando si tratta di dare sfogo a un capriccio. Torniamo così nelle nostre case per scoprire, ad ogni cambio di stagione, che un terzo del guardaroba, invernale o estivo che sia, non viene utilizzato. Potremmo donarlo, riutilizzarlo, riciclarlo. E in ogni caso avremmo ottenuto un risparmio, evitando almeno un successivo e compulsivo acquisto.

FABBRICA CHE RIGENERA ELETTRODOMESTICI –

La seconda molla del modello dell’economia circolare è quella della tecnologia. Perfetta per gestire meglio le risorse, e per rovesciare il passaggio di un oggetto dalla culla alla tomba e farlo tornare al suo punto di origine. Il micidiale progresso tecnologico degli ultimi anni ci ha fornito tante opportunità, che cogliamo in minima parte, e allo stesso tempo ha drogato un certo tipo di produzione e di consumi usa e getta. Dieci anni fa la vita di un televisore era più lunga di almeno quattro anni, anche se le sue prestazioni erano inferiori. E allora quella tv che sentiamo la necessità  di cambiare, nell`economia circolare deve tornare a vivere, in due possibili modi, come dimostra la prima fabbrica della rigenerazione creata al Politecnico di Milano con la collaborazione del Cnr e di grandi gruppi industriali come la Candy e la Magnete Marelli. Qui qualsiasi apparecchio viene passato e radiografato attraverso una piastra che lo esamina: se non è riparabile, viene svuotato e frazionato per recuperarne i materiali; se invece si può riparare, allora la fabbrica dell’economia circolare lo rigenera, consentendo di venderlo come nuovo.

ECONOMIA CIRCOLARE E POSTI DI LAVORO –

Infine, la nuova economia presenta grandi potenzialità in termini di manodopera. Il cambio di paradigma ci dice che l’anemica ripresa in atto, anche quando si andrà rafforzando, non porterà alla creazione dei posti di lavoro che servono. Anzi, sarà sempre una ripresa jobless, avara in termini di posti creati. L’economia circolare agisce in direzione opposta: creando nuove linee di produzione, aumenta la domanda di manodopera. E questo vale per diversi settori, dalle tante industrie ormai specializzate nel riuso e nel recupero alla manutenzione; dal nuovo artigianato al riciclo dei rifiuti con il suo impatto nelle forniture energetiche. Per avere un`idea di dove può arrivare l`economia circolare dal punto di vista occupazionale, bisogna dare uno sguardo al sito www.rreuse.org, la prima piattaforma europea, ramificata in dodici paesi, delle imprese sociali che lavorano nel riciclo, nel riutilizzo e nella riparazione. È una vera, gigantesca fabbrica virtuale, con però 50mila addetti in carne ed ossa. Quale azienda oggi, in Europa, può assumere tanta  manodopera? Nessuna. E invece per l’economia circolare è solo l’inizio.

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